Non ho mai viaggiato fuori dall’Europa.
Avrei potuto, anzi una volta sono stato ad un passo dal farlo; sarei volato a San Francisco.
Era previsto tra il 12 e il 16 settembre 2001.
Da allora mi sono interrogato sulle conseguenze di quell’undici settembre, ed una di quelle è stata una specie di Vietnam ma esteso a tutto il globo.
Da allora, gli statunitensi (per piacere, non chiamateli americani) hanno mandato al martirio migliaia di connazionali nel tentativo di mostrare al mondo quanto fossero cazzuti. Invece si ritireranno con perdite immense e non avranno risolto un cazzo. Anche perché mentre loro si divertivano ad ammazzare i civili e qualche fanatico di un dio diverso, la Cina si comprava il loro debito pubblico, esploso per sostenere la mattanza.
Ci pensavo in questi giorni in merito ai tentativi della diplomazia internazionale nello scongiurare la lapidazione di una irachena. Tentativi forse non vani perché fatti non per lei ma per vanità delle diplomazie coinvolte, in gara per la paternità di una eventuale successo. E quindi tentativi seri con alcune possibilità di riuscita.
Come faccio a dire che è tutta vanità?
Beh, tra le diplomazie coinvolte c’è quella statunitense.
Paese in cui vige la pena di morte.
Come dire siringhe sì, sassi no.
Immagina da Repubblica.it