Dal punto di vista grafico, siamo di fronte ad un qualcosa di già visto quotidianamente
ma di colore rosso (“salita vietata”?!), che letto con la tipica cecità selettiva dovuta al lessico limitato dell’uomo medio (“declino”?!) che va di fretta, aiutato dalla rima e dal grassetto, suona come “fare per fermare”.
Posso fare i complimentoni al creativo?
* * *
Bieco guarda che non è poi così male Parlo del logo con la destinazione appoggiata alla campagna conferenze. Fare, puntato dalla freccia appoggia, il lato del pragmatismo e fermare in secondo piano appoggia gli ideali. La campagna di comunicazione visiva si appoggia su messaggio diretto, invece fermare è usato molto più come strumento di sedimentazione degli ideali. Almeno così è come lo analizzo io
Magari se metto le virgole e i punti giusti si capisce meglio :-): Fare, puntato dalla freccia, appoggia il lato del pragmatismo. Fermare, in secondo piano, appoggia gli ideali (spiegati durante le conferenze).
A parte che non ho capito se in quello che hai scritto c’è semantica, ma, ripeto, non è importante come la vedi tu, ma come la vede chi dovrebbe interessarsene e non lo è. E quello è il simbolo di Salita delle porte degli autobus, con la scritta fermare. Penso che nel migliore di casi verrà visto come un cartello di pubblicità dei mezzi pubblici.
Vedi sopra
La mia prima impressione è stata di un “link” di una linea aere alla pagina delle teriffe (fares, all’inglese…). Ma sono stanco. Ed il “per fermare il declino” arriva dopo. Molto dopo.
Sono molto interessato al fatto del perché non lo sia (non è importante come la vedi tu ma come la vede chi dovrebbe interessarsene e non lo è). L’argomento loghi, sedimentazione, memoria, uso dei termini, colori, lemmi, semantica, nella comunicazione mi affascina. Va bene anche una ristrettisima analisi
Hai visto il link che ho messo al latte?
Ecco il logo funziona così.
non esiste.
Lì ci sono DUE bold: fare e fermare. l’occhio legge quello (il declino è scritto in regular, pesa meno, impatta meno). C’è una freccia, presa para para da quelle che si trovano sulle porte degli autobus e che la gente vede quotidianamente. Se le vede, pensa alle frecce che vede sulle porte degli autobus, in maniera pavloviana, non al fatto che fare puntato dalla freccia appoggia il lato del pragmatismo.
E poi se vogliamo dircela tutta la direzione della freccia supera Fare e non lo punta.
Tutte cose che l’occhio coglie ed il cervello elabora prima che uno possa spiegargli qualcosa.
Il mio approccio durante l’esposizione a loghi e slogan è quello di pormi in modo completamente neutro. Guardo il logo 5 secondi stop. Dopo qualche giorno cerco di ricordare quello che ho visto pensando a cosa mi voleva raccontare quel logo. Il tutto lo faccio in modo molto naturale. Visto che il logo in questione per te è concepito male perché genera un ricordo condizionato da una memoria inconscia potrebbe addirittura essere stato concepito proprio per dare quel messaggio. Facendo il mio solito iter di pensiero a me è rimasto ben saldo in memoria il concetto di crescita, salita, struttura, piani alti, elevazione, puntare in alto. Mi ha dato un impressione di energia (non credo a livello fallico visto che ci sta tutto anche quello). La mia impressione si basa su una considerazione fatta di anni, 22, passati a vedere campagne ADV lato pianificazione, quindi non si pone dal punto di vista creativo; devo dire che dopo qualche anno passato a vedere loghi e campagne mi sono divertito ad approfondire l’argomento quindi mi sono sbilanciato in una critica.
Cercherò di fare penitenza per non essere concorde con il tuo parere 🙂
@Claudio
Non devi fare penitenza per non essere d’accordo con me, ma per il fatto di pensare che l’aver fatto campagne ADV ti serva a giudicare tecnicamente un logo. Per il fatto di concepire l’idea che starci davanti 5 secondi abbia senso (la cartellonistica stradale, ad esempio, è la cosa più simile e si stima che un cartello stradale senza pannello integrativo abbia attenzione per un ventesimo di secondo) e per il fatto che uno che fa comunicazione possa porsi in modo completamente neutro.
Tecnicamente quel logo ha tutti gli elementi per essere dimenticato.
Se poi a te piace o perfino t’intrippa, non devi né pentirtene né scusartene.
Io non pretendo nemmeno di avere ragione sulla sua gradevolezza; dico che due più due non fa cinque.
D’altronde vent’anni di berlusconismo ci hanno insegnato che a volte basta sostenere che fa sette e in futuro sarà anche di più…
Ho spiegato male cosa facevo: in pratica mi arrivavano sul tavolo le selezioni di campagne per lo stesso cliente e decidevo quale far passare. Oltre quello facevo anche la pianificazione mezzi proprio perché avendo valutato l’aspetto di penetrazione riuscivo meglio nelle considerazioni di valutazione degli indici ci concentrazione dei vari mezzi. All’estero si usa così. Qui in Italia invece è più facile che le due figure siano separate; infatti passano delle campagne/creatività su mezzi/media che danno un ritorno sicuramente inferiore alle aspettative del cliente.
Claudio, qui da noi le campagne funzionano male per due motivi:
1) Il cliente e l’agenzia hanno lo stesso proprietario; accade che quindi il proprietario “spieghi” all’agenzia come fare e ne viene fuori una cacata. Qui da noi il proprietario sa. Per definizione, sa.
2) Da noi non usa avere un documento con la descrizione dell’azienda. Cosa vuoi promuovere se non sai chi sei? Tu mi dirai, ma lo so chi sono. No, non va bene. Devo formalizzarlo, come vuoi, anche su un pezzo di legno inciso a mano, ma devi formalizzarlo; perché quando devi promuoverti, è quello che devi dare ad un’agenzia. Non puoi dirgli “noi facciamo macchine”, ce ne sono centinaia di costruttori che fanno macchine.
A parte questo, se leggi l’ultimo di Segall ( http://edue.wordpress.com/letture/ ), vedrai che una catena di comando corta non significa che uno faccia due cose, ma che pochi fanno ognuno quello che sa e tutti solo quel che serve.
E parliamo di campagne come “Think Different” eh?!