Dopo l’attacco di Charlie Hebdo molti occidentali illusi insistettero con la tesi che l’omicidio di quegli umili fumettisti fosse un’espressione, certo esagerata e male indirizzata, di una rabbia comunque giustificabile. Nel loro amore per l’ironia, quegli artisti avevano portato la satira oltre un limite che non andava superato. Qualcuno continuerà a usare questa disgustosa argomentazione dopo gli attentati di venerdì? C’è un qualunque senso comprensibile in cui il massacro dei fan degli Eagles of Death Metal può essere letto come la reazione di un oppresso?
Ovviamente non c’è. Quello che i terroristi odiavano a gennaio e continuano a odiare oggi è un tipo di offesa che noi non potremo mai promettere di evitare. È l’offesa della felicità, del senso dell’umorismo, dell’amare gli ossimori. Questo è quello che i terroristi interpretano come un fastidio, una provocazione, e rispondono con kalashnikov e granate.
Per metterla in un modo ancora diverso, i fan degli Eagles of Death Metal e i fumettisti di Charlie Hebdo sono, dal punto di vista dei loro assassini, la stessa cosa: gli piace l’umorismo e sembrano godersi la vita. Sono osceni e meritano di morire. Ora, come conseguenza di questi attentati, non parliamo solo di ideali elevati come la libertà e la civiltà. Dobbiamo essere chiari: l’oscenità deve essere difesa.