Omeopatia sociale

Dicevo qualche giorno fa1 che il problema principale di questa crisi è che nessuno può affrontarne le cause ma solo contrastarne i sintomi.
Non pare avventato il paragone tra un tumore e la terapia del dolore, che lenisce le conseguenze ma non risolve il problema.

Il problema principale è che non abbiamo chiaro, nessuno di noi, il motivo per cui ci siamo dati una forma di Stato che poi non ci tutela nel momento del bisogno, nel quotidiano.
Perché è nel quotidiano che lo Stato ci servirebbe.

Ci servirebbe una forma di Stato che ci consenta di spostarci da A a B nel minor tempo possibile, perché farlo attraversando pascoli e ruscelli ci ha afflitto per millenni.
Ci servirebbe una forma di Stato che ci consentisse una vita normale pur avendo affini o essendo handicappati, perché fare una vita di merda per un handicappato è naturale; in natura gli animali inadatti muoiono, vengono lasciati predare, mentre il branco si stringe attorno ai giovani sani. Ma noi abbiamo smesso, fortunatamente, di vivere secondo natura difendendo la specie e siamo evoluti verso uno stile di vita che ci vuole realizzati anche come individui. Evitare una vita di merda ad un handicappato, non si ottiene col chiamarlo diversamente abile, ma aiutandolo a sentirsi meno avversato oltre che dall’handicap anche da coloro che pure dovrebbero aiutarlo.
Ci servirebbe una forma di Stato che dopo una parte di vita dedicata al lavoro (che non è una ficata ma una necessità, non un fine ma un mezzo) ci consentisse una parte di vita dedicata allo svago, al riposo; al limite anche solo di starcene per i cazzi nostri, dopo anni ed anni di forzata convivenza con degli stronzi assoluti.
Ci servirebbe una forma di Stato che ci consenta di decidere sulle nostre cose: se voglio o meno sposarmi, se voglio farlo con una donna o con un uomo, se voglio lasciare i miei beni a qualcuno senza doverlo sposare, se voglio o meno dei figli.

Sì, perché se voglio dei figli ma non ho aiuti, nel quotidiano intendo, come scuole che funzionano, trasporti che funzionano e diritti sul lavoro che non mi facciano vivere un figlio come un handicap, il mio volere un figlio diventa relativo; perché magari lo voglio ma non me lo posso permettere.
In merito a quest’ultimo esempio, che faccio non per motivi personali, ma perché forse è più facile che venga capito da chi legge, ancora oggi avere un figlio è un problema economico.

L’economia è una disciplina non scientifica, che cerca di dare un valore a cose non monetizzabili in modo da cambiare poste e totali alla contabilità.
La contabilità, quella spiccia delle entrate/uscite intendo, è esatta e non necessariamente dipende dal concetto di soldi: ho cento fagioli, ne mangio dieci al giorno, fra dieci giorni sono senza.
L’economia spiega che se tutti coltivano fagioli per vivere, nessuno fa il medico e quindi uno poi muore al primo raffreddore.
Conviene che io coltivi fagioli e tu faccia il medico: tu mangi ed io vengo guarito.
Bello, no?
Certo, finché funziona.
Funziona?
Ecco, no non funziona, perché l’economia si basa su principi irrealizzabili: concorrenza perfetta, beni perfettamente sostituibili, assenza di monopoli.
Ovvero il contrario dell’imprenditoria.
Non solo, ma senza che stia scritto da nessuna parte se non implicitamente nei tre precedenti, il fondamento principale della teoria economica è la convenienza.

A parte tutto, se in un sistema sociale si adotta una paradigma alla base del quale c’è un assunto come la convenienza, e poi tutti gli altri via via, o ci si dota di una forma di Stato che la regolamenti o imponga obblighi laddove questa non c’è, oppure stiamo vivendo una colossale presa per il culo.

Delocalizzare, in tema di teoria economica stretta, sembra un’idea eccellente, ovvero giocare sul vantaggio competitivo per ottimizzare la gestione delle risorse scarse.
Ma se si lascia che una paese (concetto che, badate bene, è una finzione assoluta senza scomodare idiozie come la Padania) divenga la fabbrica di tutto, senza accorgersi che questo primo o poi sfrutterà il vantaggio che gli abbiamo dato noi (almeno una piccola parte di noi) per imporci le sue volontà sembra ridicolo già nella vita di strada, figuriamoci a livello globale.
Voi pensate alla Cina, ma il problema è che la stessa cosa si può dire della finanza2, della politica monetaria, della gestione dei conflitti, della salute, dei trasporti, ecc.

Ecco, se ogni aspetto economico (qualcuno ha dubbi sul fatto che la gestione dei conflitti sia una disciplina economica, no vero?!) lo diamo a chi ha vantaggio competitivo rispetto a noi, alla fine può accadere che curare un anziano non convenga.
E badate che mediamente un anziano è uno che ha già contribuito alla grande al bene comune, a differenza di un giovane che fino ad un certo punto è solo un costo.

Potrei uscire di metafora, ma ho rispetto per chi legge.
Fuor di metafora vorrei dire che l’economia3 ha dei costi che non siamo disposti a pagare, ma che in assenza di una politica che li mitighi o li annulli, non abbiamo strumenti per evitare.
Quindi i cittadini devono riprendersi la politica?
No, perché se tutti fanno politica poi nessuno fa il medico e moriremmo tutti di raffreddore.

No, i cittadini devono avere strumenti di giudizio in modo da poter sfruttare le informazioni per decidere se e chi delegare.
Delegare perché potremmo volerci dedicare a quello che ci piace. Pensa.
Qui, quelle poche informazioni che ci danno (il grosso sono pareri: ce li sbattiamo al cazzo) non vengono distinte e capite per mancanza di strumenti; il testo non si legge più e si finisce per tifare guardando le figure.
Poi si scopre che la partita è in vendita.
Ma và.

* * *

  1. eDue – Presto e male
  2. eDue – Scalate (Il giuoco delL’odi)
  3. eDue – Adesso si spiega tutto

Autore: eDue

Bieco illuminista

5 pensieri riguardo “Omeopatia sociale”

  1. Ecco un discorso sensato. Davvero non mi sento di aggiungere altro.

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