Pare che Stallman si sia accorto che Chrome OS è al contempo una vera stronzata, una regressione quasi al livello protozoico dell’esperienza utente e la minaccia finale alla possibilità non già di tutelare la propria privacy, ma al possesso dei propri dati.
Ben alzato; chi segue questo blog (ehi, dico a voi due!) sa che ne scrivo da anni (1).
Il problema non è la privacy; se fate un giro in rete o cercate semplicemente un vostro conoscente con un qualunque motore di ricerca, scoprirete più cose che non quante ve ne abbia raccontate lui da quando vi frequentate. E non perché i motori di ricerca riescano a carpire cose che voi umani, ma perché una parte della rete è riempita dalle persone con il racconto pedissequo di tutti tutti i cazzi loro. Probabilmente sono gli stessi, quelli nudi con il tubo dell’aspirapolvere in culo e le orecchie di peluche, che poi quando firmano un contratto RC auto danno in escandescenze se trovano già spuntata la parte obbligatoria dei consensi relativi alla 196/2003, ovvero quella per cui se non dite chi siete la controparte non può stipulare.
La privacy non esiste, perché la gente ha voglia di raccontare i cazzi suoi.
No, il problema è il possesso dei propri dati.
Non solo quindi il fatto che questi dati se non posseduti finiscono inevitabilmente per essere indicizzati ed incrociati in modo da essere tracciati da chi di dovere, ma il fatto che per assurdo questi potrebbe decidere quali conservare e quali no.
Il rischio è quindi che il giorno che il vostro conoscente volesse girare a qualcuno la foto di cui sopra, potrebbe non trovarla più.
Poco male, basta un aspirapolvere e due orecchie posticce e può sempre rifarla.
Ma pensate a quanti contratti e quanta fiscalità oggi si fa già in via immateriale, per e-Mail, ad esempio.
Pensato?!
* * *
(1) Vedi al proposito, giusto un bigino:
Complimenti, post azzeccato 🙂