Costi e incentivi

Quasi tutte le piattaforme nate gratuite, social network inclusi, stanno iniziando a far pagare tutti o parte dei loro servizi.
Sono fioriti articoli e post in cui la frase cardine è sempre la stessa ovvero “130 € l’anno, ecco quanto rende un utente a {pap – piattaforma a piacere}”.
Il vizio di base di questi articoli, è che le piattaforme facciano pagare quello che un utente rendeva loro prima (ad esempio regalando loro i propri dati) quando il tutto non era tariffato.
Quindi, si legge spesso, se adesso {pap} fa pagare 10 € al mese significa che un utente prima le fruttava 120 € all’anno!
No.
Anche perché, se la tariffa dovesse aumentare (+++ SPOILER ALERT +++, aumenterà), questo cosa significherebbe? Che hanno sbagliato i conti prima o che nel frattempo l’utente ha aumentato il suo valore? O nessuno dei due?
Ecco, nessuno dei due.
Intanto, se prima era gratis (si fa per dire) e adesso si paga, è perché in generale gli utenti, dopo essersi abituati ad una cosa, se li metti di fronte a “paga o vattene”, generalmente scelgono di pagare; quindi, intanto l’idea di farli pagare E continuare a farsi i cazzi loro ricavandone valore significa semplicemente aumentare il profitto.
Quindi, come dire, perché no?!
Poi, se l’alternativa è gratis con la pubblicità o pagare senza pubblicità, bisogna vedere pagare quanto.
Perché se pagare è molto, non è che l’utente vale molto, è che quello che si sta proponendo non è un costo, ma un incentivo.
Se, mettiamo, un social proponesse un costo di 19,99 €/mese, cioè 240 €/anno, che è molto, lo farebbe non per i soldi, ma per evitare che gli utenti scelgano la versione a pagamento, lasciando tutto com’è.
E non perché gli utenti valgono di più se si fanno profilare, ma perché se il modello di business dei social è profilare e vendere pubblicità, cambiare quel modello di business è troppo costoso. Il costo proposto agli utenti serve a indirizzarli verso una scelta, non pagare, che lasci tutto com’è.
Google, Meta ed altri, sono agenzie pubblicitarie.
Fanno quello, vendono pubblicità.
Il loro modello di business e il relativo modello aziendale sono costruiti sul fatto che vendono pubblicità; se dovessero mettersi a vendere bulloncini e dadarelli dovrebbero cambiare tutto.
Fosse possibile, sarebbe enormemente costoso e, soprattutto, sarebbe un salto nel buio.
Quindi, spiace, non valete centoventi, duecento, duecentoquaranta, diciannove e novantanove, uno, cinquanta centesimi, mille™ euro al mese, al minuto come la tariffa Arancione di TIM, all’anno, al chilo, al metro.
Non valete nulla, se diventate un costo.
Non vi stanno proponendo di pagare quello che varreste se decideste di non pagare, ma vi propongono un incentivo.
Se è poco, aumenterà e ci faranno altri soldi; se è molto è perché non vogliono che paghiate, perché preferiscono che tutto resti com’è.
Non è una questione di valore, ma di costo contro incentivi.

Autore: eDue

Bieco illuminista