Ho capito come funzionava la politica, e come mi rapportavo alla politica, alle medie superiori.
Eletto rappresentante degli studenti a furor di popolo immagino in virtù di quanto dichiaravo nelle assemblee in merito alle cose che non ci piacevano ed alle proposte che portavamo, quando rappresentavo l’esito delle predette agli organi preposti e ne ricevevo critiche cattive (e forse anche latino a settembre non ne fu totalmente estraneo) non solo venivo abbandonato, ma spesso additato come uno che prende iniziative senza averne ricevuto non già mandato, ma nemmeno un cenno d’assenso.
E, ovviamente, come me tutti gli altri rappresentanti.
Lì c’era la diga.
Di qua coloro tra i quali mi conto, che hanno mandato affanculo tutti, rimesso ogni mandato e cominciato a parlare per sé, precisandolo, scandendolo e forse facendone un vanto, poggiandoci sopra tutta la propria autostima e comunque pagandolo caramente. In quarto fui bocciato per aver chiesto al professore di matematica e fisica come pretendesse di insegnarle senza essersi nemmeno peritato di sfogliarne un Bignami.
Di là quelli che sarebbero poi diventati politici di professione, che imparavano a parlare molto senza accusare secchezza delle fauci e senza metterci semantica, dando ragione a priori all’interlocutore di turno insieme alla sensazione che eventuali errori fossero colpa degli assenti.
E quindi erano quelli portati a modello contro gli “elementi di disturbo”.
Non ho mai capito se costoro non potessero sopportare che qualcuno desse loro torto, se non ne contemplassero nemmeno la possibilità, o se per puro sofismo si mettessero alla prova come in uno sport o come nei test di carico per i materiali nel sorreggere complimenti o ego ipertrofici.
Fu allora che capii che identità uguale solitudine, e questo se mi ha salvato molte volte, mi è costato molto (non troppo) e mi ha anche permesso di arrivare talvolta dove mi ero prefisso.
Partire, anche se con un certo seguito ma pensandoti comunque solo, ti da una robustezza di cui coloro che ti avversano non sanno farsi capaci, e coloro che ti vorrebbero appoggiare pare si dispiacciano, al punto di appoggiare qualcun altro che poi dev’essergli almeno riconoscente.
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Immagine da http://blogcomicstrip.blogspot.it/2012/04/laperitivo-con-cavezzali_17.html
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