In conclusione vogliamo allontanarci dal caso specifico, per fare una riflessione sul lavoro culturale in genere, visto troppo spesso in questo paese come un hobby, una missione, una grazia ricevuta, un’occasione per acquisire fama e prestigio sociale. Tutto, insomma, tranne che come lavoro. Sì, ci piace scrivere, tradurre e curare libri, a volte ne siamo orgogliosi.
Ma è un lavoro, che si basa su anni di studi e su un bagaglio di competenze acquisite.
È un lavoro. Un lavoro come tutti gli altri e come tale va retribuito il giusto, nei tempi pattuiti.
In denaro e non in visibilità o qualche rigo in più da aggiungere al curriculum.
Da I lavoratori di #OccupayIsbn rispondono a Massimo Coppola : minima&moralia.