La Giulietta (Progetto 940) è stata presentata a maggio del 2010, leggermente rivista per i difetti di gioventù nel settembre dello stesso anno e ne è stata presentata una seconda serie nel 2014, con modifiche estetiche esterne che l’hanno imbruttita, ed interne che l’hanno leggermente migliorata. Nel marzo del 2016 hanno annunciato la terza serie.
Se questa fosse stata nel solco della precedente, sarebbe stata la fine di un modello che deve durare ancora un paio d’anni, in attesa delle SUV su base Giulia, e della sua erede sullo stesso pianale della sorella maggiore.
Non poteva essere solo un restyling, non sarebbe stato sufficiente; lo hanno fatto, certo, ma le vere novità sono tutte invisibili o quasi ad un primo sguardo.
Cosa cambia
Intanto vediamo in cosa i sei anni di produzione e tre serie hanno cambiato questa macchina.
La prima cosa che salta subito all’occhio (forse dovrei dire all’orecchio), sedendosi al volante della terza serie della Giulietta, è la silenziosità.
La macchina pare la stessa, a parte qualche modifica estetica, ma dentro, col motore acceso è un’altra cosa.
È molto più silenziosa in tutto, in tutti gli usi, in tutte le circostanze.
Ho una mia teoria in merito, ma ne riparliamo.
Le schiume dei sedili, adesso sono quelle dei sedili in pelle che equipaggiavano variamente le Exclusive.
Sono in tessuto, ma sono a cannelloni, sulla Super.
In pratica, così come sempre accade quando un modello si avvicina al fine vita, i modelli “base” sono i “Distinctive” della serie precedente.
Tutti questi virgolettati, indicano che gli allestimenti civili adesso sono solo due (tralasciando i Business, e le QV/Veloce):
Giulietta e Super
invece dei quattro originari Giulietta, Progression, Distinctive ed Exclusive.
Sono i due allestimenti maggiori che scalano, a parte alcuni accessori, ed appunto, finalmente, lo fanno portando in dote alcune caratteristiche tra cui la selleria; assieme alla regolazione lombare, optional consigliato, il tutto risulta in viaggi decisamente più confortevoli.
È molto migliorato tutto, in termini di comfort.
A denominatore i difetti ci sono ancora tutti, o quasi, ma sono aumentati i pregi a numeratore e quindi le frazioni migliorano in valori assoluti.
Mettiamoci anche la plancia frontale, adesso rivestita in plastica ma non lucida, che dà meno la sensazione di Fiat 600 o di Giulietta anno 1955.
Era vintage, ma era molto plasticosa, adesso è più moderna e meno plasticosa.
Il display tra gli strumenti, al centro del cruscotto è in bianco e nero (evviva) con notifiche rosse (evviva) e non più rosso-nero con notifiche arancioni (buuuu): la visibilità in ogni condizione ringrazia.
E buona parte delle notifiche adesso sono sul display a centro plancia, lo U-Connect da 5″.
Non ne parliamo, ma il giudizio è tendenzialmente positivo.
E cambiano i cerchi di serie, appunto.
Adesso sulla Super ci sono i 17″, e non più i 16″ come sulla vecchia Distinctive.
Il disegno è racchietto, però da dentro non si vede, e non sarà mai tanto racchio quanto alcuni di quelli vecchi, a parte i millerighe che non ci sono più, nemmeno tra gli accessori (che sono cosa diversa dagli optional), e vai capire perché.
Di serie c’è anche il Rosso Alfa, gratis finalmente.
Prima si pagava, come il Bianco Alfa adesso; OK, sono tutti bistrato, come i metallizzati (pigmento + trasparente), però non stiamo parlando di Panda, cazzo.
E poi adesso il TCT si può avere anche sul 1.6 120 JTDm-2.
Ed in fase di lancio lo scontavano.
Insomma, non ci sono tutti tutti i presupposti per dire finalmente, però ci siamo quasi.
E, comunque, ci hanno speso tempo sopra, il che è comunque buono; buono perché non hanno abbandonato il modello e non hanno introdotto solo modifiche estetiche, e buono anche perché pare non ci volesse molto a farne una macchina migliore e riportarla al passo con la concorrenza.
Pare cioè che il progetto fosse valido di suo, ed il tempo non lo ha invecchiato, ma raffinato.
Per chi come me ci ha speso sopra di nuovo è un fatto positivo.
Come va
Dunque riassumiamo cosa cambia tra la vecchia (di serie) e la nuova come Alfa l’ha fatta:
- cerchi da 17″, con 215/45 R17
- TCT – trasmissione a doppia frizione
- silenziosità
Partiamo dai primi.
Ha ragione Massai (che apprezzo molto): il problema dei pollici sulle auto va ben oltre quello che ci assillava a scuola.
Essendo passato da una Giulietta 1.6 JTDm-2 105 CV con cerchi da 16″ a quella oggetto di questa chiacchierata, dalle prime impressioni (circa un mese) parliamo di un’altra auto.
Il comportamento della Giulietta 2016 (il modello ha come denominazione ufficiale Nuova Giulietta, un po’ troppo enfatica) con i cerchi da 17″ cambia molto.
Vorrei quasi dire che è incredibile quanto cambia, con solo 2,5 cm di differenza nel diametro di calettamento, e uno di battistrada in più, da 205 a 215 mm, ma è così.
La vettura è più comunicativa, più precisa, e guadagna uno sterzo meno gommoso (servoassistito elettricamente, al solito) che dà sempre informazioni chiare sulla posizione delle ruote di trazione. Il retrotreno è molto meno scorbutico, a parità di campanatura ed il VDC lavora molto meno o molto meglio.
Non sono in grado di dire con certezza quale delle due (magari entrambe) sia la ragione di questo comportamento, e non sono in grado di dirlo perché ci ho camminato ancora troppo poco e mai in condizioni limite.
Quando avrà sgambato abbastanza da poter usare la parte rossa del contagiri, metterò il DNA in Dynamic; sissignori, finora non ho mai messo in Dynamic ma il tutto dà la sensazione di una macchina molto ben piantata a terra senza bisogno di aiuti.
Quindi l’aver proposto di serie i 17″ non l’ha resa solo più bella, ma dinamicamente migliore.
Il che, per una macchina sulla quale non è possibile modificare le tarature di telaio (il DNA modifica solo i parametri motore e cambio, non tocca gli ammortizzatori), è molto positivo.
Solo che.
Ho la netta sensazione che la macchina consumi sensibilmente di più.
Questo inciso lo faccio qui, che stiamo per passare al punto 2, ovvero al TCT.
Ho imparato a guidare su un’Alfetta 1.8 del 1971 e da allora ho sempre a solo avuto macchine col cambio manuale.
La 156 che abbiamo ancora in casa, è manuale, ed è una vera goduria; la Giulietta che avevamo prima era manuale (per forza, il TCT c’era solo sulla QV e sulla 2.0 JTDm-2 175 CV, no, dico…), e non era male, e certamente meglio che non il manuale delle 2.0, 140/150 e 170/175 CV.
Quindi non ditemi che i manuali sono migliori, che sono più sportivi, che sono più piacevoli, perché sono trent’anni che giro con i manuali.
Cosa c’è che non va nei manuali?
Beh, ad esempio sulle Alfa Transaxle, la pena era la lentezza; cercare di cambiare più velocemente li impuntava quando andava bene; quando andava male erano etti di grattuggiato fresco.
La mia GTV, ad esempio, nella poche gare che ha fatto era molto penalizzata dal cambio, pur avendo un ottimo e costoso livello di preparazione quanto a motore, carburazione e assetto.
Dell’Alfa 90 2.0, a 333.000 km mi lasciarono i duomi anteriori e il cambio. Della 90 6V CEM la croce era il vuoto in basso e il cambio in alto.
Sulle 156 e sulle 147 i manuali erano molto buoni, molto precisi, ma volevano le marce al loro regime di sincronizzazione; se no, non entravano. Avete presente vedersi arrivare una curva davanti e doversi attaccare ai freni per scalare? Ecco.
Tutta questa lentezza significava cambi marcia lenti e quindi motore che calava troppo di giri; siccome il bialbero (ed anche il Busso 2.0) lavorava poco e male in basso, ne risultavano macchine isteriche, giunti dell’albero da cambiare coi tagliandi quando andava bene, e prestazioni mortificate. Oltre a consumi da spavento.
Quello che c’è di buono nei manuali è il pedale della frizione.
In altri termini il poter scegliere quando cambiare.
I vecchi automatici per scalare avevano solo il kick-down; l’assurdo era dunque che volendo scalare per frenare, si doveva buttare giù tutto il pedale; OK, imparare a guidare comporta anche fare cose corrette ma controintuitive, però lì si esagerava davvero.
Quello che c’è di buono negli automatici, sopratutto in quelli che seguono le impostazioni di erogazione come quelli sulle Alfa col DNA, è che sanno quando cambiare in funzione di quelle impostazioni. E quel che c’è di buono nei TCT è che hanno sempre una frizione in tiro (a salire), quindi i cambi marcia possono essere molto veloci; e questi cambi sono veloci, quindi i cambi marcia sono veloci e molto fluidi, oltre che silenziosissimi.
Ne segue che potete usare queste trasmissioni in due modi: a pedale costante attorno al 50/60%, per avere un grande comfort di marcia, oppure a pedale giù per avere le migliori prestazioni possibili dalla vettura. E se dico le migliori è perché voi con la stessa vettura, con un manuale non sapreste fare meglio, cronometro alla mano.
Sulle Giulietta Super, inoltre ci sono i paddle al volante.
Certo, potreste usare la leva del cambio in posizione “manuale”, usandola come joystick tra le posizioni + e –, che sono anche dinamicamente corrette visto che per salire si tira e per scendere si spinge, assecondando la fisica. Ma non staccare le mani dal volante è molto meglio.
Quando capitasse, e capita, che l’automatico non fa quello che volete, anche solo per questioni estetiche (e siamo essere umani, il piacere fa parte di noi), come tirare inutilmente una marcia su un lieve dislivello o scalare troppo tardi, prescindendo dal fatto che potrebbe avere ragione lui, beh, si cambia manualmente.
Però.
E veniamo al terzo punto, la macchina è molto silenziosa.
Per guidare in manuale è persino troppo silenziosa.
E se guidare in manuale un sequenziale richiede un’attenzione cui non siamo abituati, mancando il feedback della posizione della leva del cambio e quello delle vibrazioni del motore trasmesso dalla frizione, affidarsi solo alle orecchie in un ambiente ovattato pieno di attuatori che astraggono la meccanica dalla sua attività, è davvero complicato.
Lasciarsi trasportare dimenticando il cambio e col DNA in Normal è un’esperienza molto appagante, molto rilassante.
Il traffico, fatto di prima-folle, si riduce al cambiare la posizione del joystick da D a N e viceversa; e siccome la macchina ha lo Start&Stop di serie, se si diventa pigri al punto di non voler nemmeno usare il joystick, si lascia tutto com’è e il motore si spegne, riaccendendosi appena si inverte il moto del pedale del freno, verso l’alto.
Per quanti si domandassero come hanno implementato lo Start&Stop su una macchina senza pedale della frizione, ecco, così.
Quando il pedale del freno scende, se ci sono le condizioni, lo S&S si attiva; quando il pedale inverte la corsa e sale (non importa di quanto) il motore viene riacceso.
Questo comportamento che può sembrare strano di primo acchito, serve invece a garantire partenze in salita corrette, senza bisogno di disattivare lo S&S, lasciando fare l’Hill holder, ma dandogli anche il tempo di intervenire.
Quando lo si capisce, è un’ottima cosa, una funzione usabile ricavata in software da un singolo comando.
Insomma, tutto bene?
Fin qui quasi tutto.
Consumi a parte.
Se prima su 30.000 km di osservazione la media di consumo era sui 5,1 l/100 km, qui siamo a 5,6 e non schioda da lì.
Non è poco, anche considerando che la macchina è diesel, e quindi un aggravio del 10% circa non è troppo penalizzante.
Ora, a cosa imputare questa differenza? Alcune idee.
Alcune sono ovvie: intanto è un 120 CV contro 105, ed è un’Euro 6 contro un Euro 5; si sa che ogni cambiamento di direttiva antinquinamento porta con sé o una diminuzione di prestazioni e/o un aumento della potenza per recuperarle. È sempre stato così, sia nel passaggio Euro 2 Euro 3 sulla 156 1.9 JTD (110 -> 115 CV) sia per la 147 (Euro 3 -> Euro 4 e potenza a 120 CV dai 115 originari) con lo stesso motore. Quindi in parte sarà quello.
Poi si passa da 16″ 205/50 R 16 ai 17″ 215/45 R17 e qui il confronto è esatto perché gli ultimi 10.000 km con la Giulietta 105 sono stati fatti con i Pneumatici Bridgestone Turanza T001 205/55 R 16 91 V che adesso equipaggiano (dimensioni a parte) di serie le Nuove. Anche qui una nota sul rumore: il rotolamento del 17″ è l’unico rumore che si sente davvero in abitacolo; la presenza motore è quasi nulla. Massai sostiene che i 17″ dovrebbero essere quelli con una minore resistenza al rotolamento tra 16, 17 e 18″, confronto fatto proprio su una Giulietta 1.6 105, nel video che trovate in questa pagina. Dobbiamo credergli, e quindi diciamo che qui dovremmo aver guadagnato (oltre al comportamento migliorato) qualche decimale.
A questo punto dobbiamo dedurre che il maggior consumo derivi molto dal TCT, che era stato imputato della stessa responsabilità nel confronto tra Giulietta 2.0:
D’altronde se qualcuno non spinge 10 kg a botta sulla frizione, qualcuno deve pur farlo, e lo fa il motore; magari col TCT e il sequenziale giochi, attriti e resistenze non saranno gli stessi del manuale a sei marce, ma siamo lì. E quindi un consumo maggiore ci sta.
E infine mettiamoci anche gli attriti, che su un motore nuovo non sono trascurabili; la Giulietta precedente si è sciolta davvero attorno ai 50.000 km, ed ha cominciato a fare medie autostradali da urlo, col cruise piantato a 130 km/h, Roma – Milano A/R con medie di 4,7/4,8 l/100 km. Vedremo.
Detailing
Essendo rossa, essendo pastello, essendo nuova, siamo nelle condizioni ideali per un lavoro di detailing.
Come detto allora4 in occasione di quello sulla 156
va premesso che dire detailing, parlando della cura delle autovetture significa dire una cosa precisa; non è una lucidatura, non è una ceratura. È tanto vero, che con il diffondersi di questa pratica anche in Europa (e una volta tanto non sono convinto che l’Italia stia dietro nessuno in questo, almeno per capacità) sono sempre di più le macchine appena uscite dal concessionario che lo affrontano; in alcuni casi gli stessi concessionari propongono il trattamento tra gli optional, e quindi prima che la macchina venga consegnata al cliente.
Il motivo è semplice; anche le verniciature industriali in casamadre possono avere dei difetti, e comunque le verniciature d’origine non hanno nessun trattamento successivo che non sia una grossolana ceratura e spesso una ancora più grossolana e frettolosa deceratura fatte, se va bene, solo con agenti chimici.
Qui non solo non è stato proposto dal concessionario, ma è stato anche utile per correggere un difetto sul cofano anteriore, dovuto probabilmente ad un maldestro tentativo di rimediare a un problema di fabbrica:
La macchina è stata affidata come al solito a Simone AMATO Servizi di Detailing Professionale.
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