Possiamo rappresentare dei dati su una piano cartesiano e quindi l’andamento di un fenomeno.
Ma dobbiamo fare attenzione al fatto che scegliendo quali caratteristiche rappresentare sugli assi, decidiamo anche quale fenomeno rappresentare.
Se mettiamo in ascissa la temperatura corporea ed in ordinata il salario medio, potremmo convincerci che chi è più caldo guadagna di più; da qui a relazionare il dato alla scolarizzazione il passo è breve e la conclusione potrebbe essere che quelli più caldi studiano di più e meglio.
Le imprese scelgano quindi candidati in ipertermia.
Ecco, i passaggi successivi al primo potrebbero essere perfettamente logici, ma il presupposto è fuori da ogni logica.
Quanto sopra è il quadro migliore, ovvero quello il cui basta fermarsi a riflettere un momento per convincersi che la catena di dati inferita ha un punto debole a monte.
Basta rimuoverlo e tutto crolla.
Ma ci sono casi in cui prese due variabili e rappresentatele, si inferisce dall’andamento del grafico un qualcosa che non c’entra, sebbene tutta la catena sia corretta, presupposti compresi.
Nel caso in argomento1, si arriva a dedurre che
I paesi con un regime di protezione dell’impiego relativamente elevato tendono a specializzarsi in settori relativamente maturi, caratterizzati da una forza lavoro scarsamente qualificata e da bassi tassi di adozione della tecnologia.
Nessuna sorpresa, l’avevo già scritto qui in diverse occasioni2,3,4,5; ma vorrei sottolineare che io dagli stessi dati ne avrei tratto un fenomeno diverso
Il primo punto è la formazione.
Non è pensabile che persone assunte dieci anni fa non abbiano fatto corsi di aggiornamento.
Il mondo cambia, non è possibile che chi lavora per gli altri non sia al corrente, e non sia dotato di strumenti per conoscere e capire, che quanto gli sta attorno è cambiato.3
Detto in altri termini, nell’articolo si scambiano gli effetti con le cause.
Non è che crescendo si diventa imbecilli, è che i giovani mediamente hanno più stimoli.
La soluzione potrebbe essere vincolare il lavoratore alla formazione, invece che alla mansione; vuoi vedere che andrebbe a lavorare più volentieri e finirebbe col parafrasare Monti dicendo “la mansione fissa, che noia?”
Mansione, non lavoro.
Non sto nascondendomi dietro un dito, lo so che la bassa specializzazione è la chiave per il lavoro e per il futuro.
E di certo per capirlo non servono grafici; forse per sostenere che sia inevitabile, sì.
Inevitabili sono quelle cose per le quali è inutile chiedersi perché…
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- CONTI, Maurizio; SULIS, Giovanni – Se il lavoro è protetto, la crescita rallenta (La Voce.info, 30.03.2012)
- eDue – La dismissione
- eDue – Appunti per una riforma del lavoro
- eDue – Presto e male
- eDue – Omeopatia sociale
E’ vero che sarebbe necessario stare aggiornati, ma e’ anche vero che le aziende cercano specialisti usa-e-getta, non gente capace o disponibile ad aggiornarsi.
Sono d’accordo sull’usa e getta, ma non sugli specialisti 🙂
Nella mia personale esperienza (che ho raccontato qui in Adesso Piantala – http://edue.wordpress.com/2010/03/24/adesso-piantala/ ) ho conosciuto gente quasi incapace di intendere e volere, strapagata e venduta (e quindi comprata, in body rental) come “specialist”.
Il cerchio magico si chiudeva quando il tutto (ovvero il frutto del lavoro di costoro) veniva rivenduto “pacchettizzato” come soluzione ad un terzo (che in genere era lo Stato, vedi tu un po’ il caso) che doveva far guadagnare tutta la catena…