Il generale Armando Diaz, comandante delle forze armate italiane, comunicò la vittoria e la fine della Guerra con un bollettino: «La guerra contro l’Austria-Ungheria che l’Esercito Italiano, inferiore per numero e per mezzi, iniziò il 24 maggio 1915 e con fede incrollabile e tenace valore condusse ininterrotta ed asprissima per 41 mesi, è vinta.
Che poi è il motivo per cui la chiamiamo la Grande Guerra, perché è l’ultima che abbiamo vinto.
Ma l’abbiamo vinta?
I resti di quello che fu uno dei più potenti eserciti del mondo, risalgono in disordine e senza speranza le valli che avevano disceso con orgogliosa sicurezza». L’armistizio non fu però un successo per l’Italia. Sebbene gli accordi iniziali prevedessero per l’Italia l’annessione di Trentino, Tirolo meridionale, Venezia Giulia, l’intera penisola istriana (esclusa Fiume), una parte della Dalmazia, alcune isole dell’Adriatico, le città albanesi di Valona e Saseno e il bacino carbonifero di Adalia in Turchia, oltre alla conferma della sovranità su Libia e Dodecaneso, le nazioni della Triplice Intesa decisero di non concedere all’Italia tutti i territori promessi.
No, dopo tenace e sanguinosissima pugna, dove aver resistito resistito resistito, con fede incrollabile ed altre cose così, la Triplice Intesa (il Regno Unito, la Francia e la Russia) ci dettero un buffetto sulle guanciotte e ci dissero di tornare a giocare ai soldatini senza rompere troppo i coglioni.
E questa è la Grande Guerra, pensa le altre.
Dedicato a tutti quelli che pensano che questo paese sia stato grande e oggi, signora mia, guardi come siamo ridotti, mica come allora, eh.
Ci salva solo l’essere la più grande portaerei statunitense nel Mediterraneo.