Intervistato ieri in merito alla decisione della Consulta (ah, la Consulta sarebbe la Corte Costituzionale, il nome deriva dal palazzo in Piazza del Quirinale, in cui ha sede, così, giusto per) di bocciare la legge regionale con la quale si complicavano le norme regionali per la definizione degli spazi da dedicare a luoghi di culto, il governatore della Lombardia Roberto Maroni, ha detto che in realtà la leggina (ha detto leggina, è un tipo così) non era altro che la modificazione di una legge regionale esistente, che richiedeva che i comuni prima potessero e poi dovessero dotarsi di un piano per la concessione delle aree da adibire a luoghi di culto.
E fino qui, effettivamente, non pare che ci sia nulla di strano.
Se non fosse che il governatore, sapendo bene in quali condizioni versino le amministrazioni locali in termini di risorse e di organico, sopratutto in relazione all’edilizia ed al territorio, omette il fatto che questo approccio serve in effetti a bloccare tutto.
Però, fino qui, effettivamente, non c’è nulla di notevolissimo e gioca sui cavilli.
Poi Maroni fa un esempio.
‘Spetta, ricordiamo chi è Maroni: è un dirigente della Lega Nord (quella con la stagionalità dei furti come gli infestanti in agricoltura; ogni stagione politica nella Lega ha visto la fine di una classe dirigente per colpa di qualche astigmatico che leggeva male la P di “padroni a casa nostra”), che ha vomitato tutto il vomitabile su Roma, e sulla politica romana, il cui collega di partito Calderoli era stato eletto Ministro alla semplificazione, e fra qualche riga vedrete perché è rilevante. Insomma Maroni, quel lì.
Ecco, poi Maroni fa un esempio.
L’esempio, fatto da uno che adesso governa una regione e odia la politica di palazzo, è questo (rivolto all’intervistatore): le pare giusto che un piccolo commerciante o un piccolo centro commerciale, per aprire e condurre un’attività siano letteralmente schiacciati da un’infinità di leggi e leggine, e uno che vuole costruire una moschea – che si presta a diventare un centro per il terrorismo – non debba avere bisogna di nessuna speciale autorizzazione? La nostra proposta (leggina) mira solo a ristabilire una parità tra il piccolo negozio ed il piccolo centro commerciale e il resto.
Ora, a parte che non so cosa sia un piccolo centro commerciale, ma me lo immagino pieno di esseri minuti e negozi piccoli il tutto edificato in marzapane, però vorrei far notare la prospettiva dalla quale vengono fatte le leggine in Lombardia, quelli di Expo: non fare le leggi regionali per semplificare la vita ai piccoli negozi o i piccoli centri commerciali della Mattel™, no: portare le altre attività allo stesso livello di adempimenti.
Non semplificare la vita ai cittadini della regione, ma elevarne a standard le vessazioni burocratiche, definite asfissianti, per rompere il cazzo ai negher.
E facendo pure lavorare a vuoto la Corte Costituzionale; la stessa che aveva bocciato la legge Calderoli, quello che aveva il software speciale per scrivere emendamenti a cazzo e far perdere tempo al Parlamento, se parla di froci.
Se non sei né negro e né frocio, non sei nemmeno degno di attenzione; anzi sì, definisci uno standard vessatorio per gli altri e che, evidentemente, è nella natura delle cose e come tale è male andarci contro.