The Promise (and Limitations) of Apple’s ResearchKit

As Apple glowingly describes it, ResearchKit is “an open source software framework that makes it easy for researchers and developers to create apps that could revolutionize medical studies, potentially transforming medicine forever.” Yes, the language is somewhat overblown, but, in fact, may turn out to be literally true1.

L’avevo detto2, quindi sono d’accordo.

* * *

  1. TidBITS: The Promise (and Limitations) of Apple’s ResearchKit
  2. eDue – iNfatti

Come modificare la colorazione del sorgente in Firefox

FirefoxDeveloperEdition

In Firefox è possibile vedere il sorgente della pagina (o della selezione) corrente con l’apposita voce di menu oppure con la scorciatoia da tastiera CMD – U (su Mac) oppure CTRL – U (su WC e Linux).
Solo che quel che esce per default è di un brutto che manco a li cani.
Il problema è che una volta era facile personalizzare l’aspetto del codice, aggiungendo un CSS specifico in una determinata posizione sul file system.
Non ve lo riporto, tanto non vale più.

Oggi non è più così facile, perché il tutto non è documentato e si deve procedere per reverse-engeneering1,2.Mettendo assieme quel che si sa e quello che le interiora dicono agli aruspici, ne viene fuori che l’unico modo è quello di creare il famoso (o famigerato, fate voi)

userContent.css

in

~/Application Support/Firefox/Profiles/NomeDelProfilo/Chrome/

e laddove /Chrome/ non fosse presente, crearla.

Solo che questo CSS si applica a tutte le pagine web che il browser manda in terra.

La soluzione è quella di scrivere il CSS non proprio in maniera standard, forzandone l’applicazione sole alle pagine dei sorgenti e non a quelle di tutti gli altri siti.
Eggià, ma come si fa a dire a Firefox che un CSS che lui vorrebbe applicare al mondo intiero lo deve invece usare solo quando visualizza il sporgente delle pagine?
Beh, voi non lo vedete, ma in realtà la funzione di visualizzazione del sorgente di una pagina è la stessa pagina che state visitando, ma nell’URL non viene chiamata con un protocollo standard, ma con

view-source:

quindi la pagina
https://edue.wordpress.com/
ha per sorgente

view-source:https://edue.wordpress.com/

(provate col copia e incolla in Firefox, WordPress ha tra le sue numerose features da scassacazzi quella di intercettare gli URL e farne quel che vuole).

In questo modo la visualizzazione non viene presa in carico dal modulo di rendering consueto, ma da una libreria ad hoc che in realtà il rendering non lo fa, ma si occupa di fare solo la colorazione della sintassi (se è abilitata, ma questa è un’altra storia).

Bene, se nel CSS di cui sopra (userContent.css) mettete una direttiva che impone a Firefox di applicarlo solo alle URL che iniziano con il meta-protocollo view-source:, lui lo fa.

OK, ma come dirglielo?

Mettendo tutto il CSS dentro una direttiva non standard siffatta:

@-moz-document url-prefix(view-source:)
{
}

In questo modo si dice a Firefox (@-moz-document) che se l’URL inizia (url-prefix) con il meta-protocollo di cui sopra (view-source:), vale quello che c’è tra le due graffe più esterne ({,}).

Il codice completo con i selettori conosciuti e funzionanti ad oggi è quello che segue:

@-moz-document url-prefix(view-source:)
{
	/* 
	*|*:root
	{
		background: url(viewsource.jpg) top center no-repeat white !important;
	}
	*/
	#viewsource
	{
		font-family: Menlo !important;
		font-size: 9pt !important;
		white-space: pre;
	}
	.comment
	{
		color: red !important;
		font-style: normal !important;
		font-weight: normal !important;
	}
	.error
	{
		color: red !important;
		font-style: normal !important;
		font-weight: normal !important;
		background-color: rgba(255,0,0, .3);
	}
	.doctype
	{
		color: #004080 !important;
		font-style: normal !important;
		font-weight: normal !important;
	}
	.markupdeclaration
	{
		color: #004080 !important;
		font-style: normal !important;
		font-weight: normal !important;
	}
	.start-tag
	{
		color: #004080 !important;
		font-style: normal !important;
		font-weight: normal !important;
	}
	.end-tag
	{
		color: #004080 !important;
		font-style: normal !important;
		font-weight: normal !important;
	}
	.entity
	{
		color: #800040 !important;
		font-style: normal !important;
		font-weight: normal !important;
	}
	.attribute-name
	{
		color: green !important;
		font-style: normal !important;
		font-weight: normal !important;
	}
	.attribute-value
	{
		color: orange !important;
		font-style: normal !important;
		font-weight: normal !important;
	}
}

In giro se ne trovano altri, ma i selettori che contengono non sono (più?) riconosciuti da Firefox 36 e seguenti.
Se ne conoscete altri, ben lieto di aggiungerli, però prima provateli.

Nel caso, tenete presente che non funziona nulla se non aggiungete (sissignore, ad OGNI riga) !important prima del “;”.

Il motivo c’è: userContent.css viene caricato per ULTIMO dopo tutti gli altri, quindi dovrebbe andare naturalmente in override sulle regole omonime? Pare di no.

Aggiornamenti

  • 20150209: Aggiunto il selettore .error

* * *

  1. Messing With Firefox's View Source CSS File | CSS-Tricks
  2. How can I change view-page source (^U) background color? • mozillaZine Forums
  3. eDue – CSS – Cascading Style Sheet: Caratteristiche nominali, posizionali e contestuali | Zooid, il figlio di HAL

Sempre di mezzo il mare al ginocchio se vuoi testo che amica sei divi

Schermata 2015-01-28 alle 12.22.56

Poi

pietra ligure come direbbe gazzettino parlavecchio semplice e veloce

Attivate i sottotitoli.
Tanto per l’accessibilità dei video ci pensa Youtube, no?

* * *

  1. ▶ Campagna di comunicazione "Agevolazioni sulla casa" – YouTube
  2. Governo Italiano – "È casa tua, decidi tu".

TidBITS: Accessibility Showdown: iPhone 6 vs. iPhone 6 Plus

It seems almost comical in hindsight, but when Steve Jobs introduced the first iPhone in 2007, he described its 3.5-inch screen as “giant.” And it was giant — at the time of the keynote, I had a flip phone with a postage stamp-sized display that was difficult for me to use, given that while I can see, I’m legally blind (for more on this sort of impairment, see Mariva H. Aviram’s series, “Computing for the Visually Impaired”). The first time I saw the iPhone in person, I was awestruck by its large, high-resolution screen. Like so many others, I eventually got one.

Sembra un articolo sull’iPhone 6, ma in realtà è un articolo che descrive molto bene le differenze di approccio di un disabile verso le tecnologie e come queste, nessuna, possa essere considerata definitiva o universale.
Il problema dell’accessibilità è sempre stato (e sarà sempre) di approccio.

In larga parte chi fa prodotti, a maggior ragione nell’informatica ma è vero in generale, non se ne cura.

Ma anche coloro che se ne curano, anche in maniera profonda a e scrupolosa, magari coinvolgendo gli utenti disabili nella gestione dei requisiti e nella loro analisi1, rischiano poi di considerare quel percorso non come un qualcosa di ciclico, ma come una qualcosa di lineare, completato il quale, s’è fatto quel che si doveva.

Ecco, no.

Da TidBITS: Accessibility Showdown: iPhone 6 vs. iPhone 6 Plus.

* * *

  1. eDue – Suckurity through obscurity

#verybello lascia #senzawords ma con tante domande. E Franceschini risponde

#verybello lascia #senzawords ma con tante domande. E Franceschini risponde

(…)

Mi permetto infine di aggiungere che tra sabato e domenica la rete si è divisa tra chi ha criticato #verybello a testa bassa e chi invece ha espresso critiche costruttive per migliorarne il funzionamento. Terremo sicuramente conto di queste critiche per perfezionare la funzionalità della piattaforma che è stata rilasciata nella versione Beta e sarà oggetto di significativi miglioramenti già nei prossimi giorni. Anche perché i tanti accessi di sabato e domenica (superiori al milione e mezzo!) hanno già permesso ai tecnici di individuare e superare alcuni problemi di sovraccarico. Nella nottata di sabato il sito ha subito due attacchi hacker.

Da #verybello lascia #senzawords ma con tante domande. E Franceschini risponde – Il Fatto Quotidiano.

Fare gli indiani con la penna

Non è un caso che nel corso dell’evoluzione umana poche cose siano rimaste dedicate agli stessi compiti, come le orecchie, il pene, il buco del culo, gli occhi e la penna, intesa in senso lato.

Il video mostra che Apple mentiva (scientemente) quando Jobs presentò il primo iPhone dicendo “Where’s my pen? Do I need a pen? I don’t need a pen, I have always my fingers with me”.

Ti ci puoi scaccolare, ma non puoi disegnarci come faresti con una penna.1

In questi giorni si torna a parlare del fatto che Apple potrebbe affiancare una penna all’iPad.
Mi sembra una cosa del tutto naturale, ma per qualche motivo, forse per non contraddire Jobs buonanima, Apple si ostina a lasciare quel mercato in mano ai concorrenti.

La possibilità di usare un iPad solo con le dita è assodata. Ma parimenti è assodato che la risoluzione di un dito (circa 1 cm2) è enormemente minore rispetto alla punta di una penna. E, piaccia o no agli agiografi, è la penna lo strumento che è sopravvissuto alla rivoluzione di Gutenberg, a quella industriale ed a quella digitale.

Perché già nelle caverne usavamo i resti della combustione per disegnare, e perché usare una cosa più fina di un dito per tracciare linee è naturale ed ovvio.
A maggior ragione sugli schermi Retina™.

Ed a maggior ragione per il fatto che la punta del dito copre quel che facciamo.
Per non dire del fatto che non sempre è opportuno zoomare sulle cose: a volte è proprio necessario avere una visione d’insieme di quel che si fa (quindi semmai zoomare sì, ma al contrario).

Apple ha solo un problema: scegliere se continuare col marketing nel cercare di convincerci che l’uomo del XXI secolo è diverso geneticamente e meccanicamente dai suoi antenati di Lascaux, oppure trovare un modo cool per ricacarsi tutto e darci, finalmente, lo Stylus-For-The-Rest-Of-Us™.

About the only thing they can’to do, is ignore it.

E non dico che si debba tornare a Palm o a Newton, dove tutto andava toccato con la penna.
Dico che, laddove serve una penna, sarebbe bene che fosse fornita dalla casa madre.

* * *

  1. eDue – iRupe

Un link, no, eh?!

Roma, 13 gennaio – Si chiama Descriptio Romae – WebGis la nuova banca dati sulla Roma del ‘700 – ‘800, elaborata dai tecnici della Sovrintendenza Capitolina con l’università Roma Tre, l’Archivio Storico Capitolino, l’Archivio di Stato e l’Istituto Centrale per la Grafica. Un formidabile strumento di conoscenza storico-urbanistica, presto online e in libera consultazione.

La base è il Catasto Gregoriano, voluto da Pio VII nel 1816 e compiuto sotto Gregorio XVI nel 1835: la prima mappatura sistematica della città, dei suoi spazi, dei suoi edifici. 90 tavole ad acquerello, di valore artistico oltre che documentale, con oltre 15mila particelle. Ad ogni particella è stata collegata la massa dei documenti – finora mai sistematizzati – relativi a tutte le aree allora censite: atti di proprietà, cessioni e acquisti, lavori, eredità… Ne deriva un racconto capillare e ordinato della Roma del periodo e della sua trasformazione: la Roma che per la prima volta, terminata l’avventura napoleonica (e in qualche modo ereditandone lo spirito razionale e modernizzatore) si auto-esplora e prova a darsi un ordine. Fissando ad esempio una volta per tutte i nomi di vie e piazze, gli stessi nomi che compongono l’attuale toponomastica.

Il risultato è una grande mappa interattiva e interrogabile, un corpus di conoscenze aperto a chiunque – studente, urbanista, architetto, storico, semplice appassionato di cose romane – e totalmente gratuito.

Il sistema è stato presentato all’auditorium dell’Ara Pacis dai tre coordinatori della ricerca: Susanna Le Pera per la Sovrintendenza di Roma Capitale, Paolo Micalizzi per Roma Tre, Paolo Buonora per l’Archivio di Stato. Il Catasto Gregoriano digitale è anche su Facebook: cercare “descriptio romae”.

9 GEN 2014 – PV
Agg. 13 GEN 2014

Continuano a presentarlo, però.

Da Roma Capitale | Sito Istituzionale.