È l’Italia che va

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Questo libro di manifesti delle dimensioni conseguenti1, 2 (A3 per circa 3 kg), oltre ad essere un buon concentrato di storia iconografica e di refusi nella versione italiana (ah, stampato e rilegato in Cina), dà una chiara idea della dappochezza del nostro paese e delle di lui radici.
Nei manifesti rappresentati a partire dalla fine dell’800 agli anni ’60 del novecento, di qualunque nazionalità siano purché non italiani, il messaggio pubblicitario (compra questa macchina, compra questo accessorio) viene in genere accompagnato solo dal nome dell’autore del poster e dell’agenzia/tipografia, della concessionaria dove comprare l’articolo. Punto.
Questo vale per il Venezuela, la Francia, la Germania, l’Algeria, e gli USA, tra gli altri.

I nostri no.
Sui nostri oltre il messaggio pubblicitario, unici al mondo, si possono leggere cose come:

Ministero delle finanze – istituto lotto e lotterie – esente da bollo
Esente bollo, Legge 6•1•18 N. 133, Art. 1, Tab. C
Regia Qvestvra di Genova – Visto per l’affissione
Chi lacera questo manifesto commette un reato e paga i danni!
Riproduzione vietata ai sensi di legge

ed altre amenità del genere.
Non ce n’è traccia nella Germania nazista, non nella Francia e nelle colonie Algerine.
L’unico paese di buffoni che da secoli si dà regole e norme, le avverbia con assolutamente, severamente e tassativamente e se ne sbatte i coglioni.
E ti viene da pensare che in questi giorni c’è ancora il deposito obbligatorio di epoca fascista e il reato di stampa clandestina e che nessuno dei governi che si sono succeduti da allora ad oggi ha mai nemmeno pensato di abolire.

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Immagine da http://ecx.images-amazon.com/images/I/91yE2H2fnyL._AA1500_.jpg (Amazon.it)

Autore: eDue

Bieco illuminista

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