Il "portale" dell’Autostrada

Non ho capito né come funziona e né come il termine portale si possa accostare a “misurazione della velocità”, ma non è questo il punto, ne ho almeno altre venti di analogie impossibili con l’abusata parola portale.

E poi io so’ cretino.

Il punto è che questo Sistema Informativo, e la sua relativa infrastruttura costeranno tanti soldi. E questo l’ho capito.

Se il concetto è quello di troncare coloro che tengono medie da Formula 1 sulle nostre autostrade (badate, ho detto autostrade), non bastava quel che c’è da decenni usato con intelligenza?

Per entrare in autostrda prendi di biglietto o passi dalle porte Telepass.
Per uscire consegni il biglietto o passi dalle porte Telepass.

Ora d’entrata – ora d’uscita = tempo di percorrenza.
Distanza/tempo di percorrenza = velocità media (1).

Se velocità media > 130 Km/h ti inchiappetto.

Troppo facile?

Ci sarebbe anche un deterrente peggiore, ovvero l’essere presi per il culo dagli altri in Fiat Panda.
Se vedeste uno che scende da un 400CV e fuma nervosamente all’Autogrill guardando istericamente l’orologio, lo prendereste giustamente per il culo, perché è uno che aspetta di rientrare in media prima del casello.

Ecco svelato l’arcano!
Il SICVE tutela la privacy dei trasgressori.
Quindi, il costo sociale dell’alta velocità + il costo tecnologico dell’alta tecnologia a tutela della privacy dei trasgressori + la probabilità che ogni complicazione in un sistema porti malfunzionamenti = i nostri poveri soldi.

Quando faccio questi conti da coglione, termino sempre con tristezza, pensando a quanto migliorerebbe questo paese se si usasse il cervello e si usassero questi soldi per formazione, ricerca e sanità.

(1) v = l/t, ovvero velocità è data da spazio fratto tempo e si misura in una lunghezza su un tempo, ad esempio km/h. La cosa è nota anche nella cultura popolare, sotto l’affermazione “casello-casello in venti minuti netti”.

Prevendita

Dunque. Mettiamo che io voglia andare a vedere uno spettacolo teatrale chessò fra un mese.

1) Mi piacerà?

E chi può dirlo, gli spettacoli si comprano a scatola chiusa, sempre, ci avete mai fatto caso?
Non è che io vado a teatro, vedo lo spettacolo e lo compro, no.
Io vado un mese prima e sulla fiducia ti do la stessa cifra che pago per una pulizia dei denti.

Non basta.

2) Vado al “botteghino” che già solo il nome… vabbéh;
Ci vado un mese prima, vedi sopra.
Io ti do i soldi e tu non mi dai una cazzo. Ok?!

Ve la rispiego?
Proviamo, andate all’alimentari sotto casa (ehi, ho detto alimentari, mangiare, avete presente?), gli date tipo 35,00 euro e lui vi dice che fra trenta giorni vi da due torte rustiche.

Quanti picosecondi ci mettete a mandarlo affanculo?
Ve l’immaginate la scena?

“Damme subbito du torte rustiche che chiamo li poliziotti, sa?!”

Invece, se andate al botteghino, ripeto ANDATE al botteghino, cioè non vengono loro, no, andate voi, date dei soldi, e loro vi danno un biglietto con scritto che fra trenta giorni potete entrare al teatro e vedere uno spettacolo che forse non vi piacerà.

3) Ovviamente, siccome:
– voi andate
– prima
– pagate

l’incomodo vi viene fatto pagare di più.

Cioé: non è che per il fatto che state anticipando dei soldi vi fanno almeno pagare meno, assumendosi il rischio che il teatrante vada lungo per le scale e si spezzi un metetarso, no!

Voi pagate ANCHE la pre-vendita, ovvero il servizio per cui l’avere anticipato soldi in cambio di nulla, vi consente di andare al teatro (di nuovo) fra trenta giorni a vedere uno spettacolo che potrebbe non piacervi.

E’ tutto assolutamente normale, vero?

Beh, il primo che viene a dirmi che viviamo in una società capitalistica un vaffanculo se lo merita tutto.
In una società capitalistica:

1) Vieni TU a prenderti i soldi
2) Io pago MENO, perché pago prima
3) Le società di servizi comprano intere serate (una o più), ottengono prezzi di favore e rivendono in concorrenza, in modo che io possa comprare da chi mi fa pagare meno E mi sconta di più in funzione della prevendita (ovverio io mi accollo il rischio d’impresa(rio)).

La prossima volta che sentite parlare un politico sedicente liberale, liberista, liberomercatista, antidazista, ecceterista, fategli una semplice domanda:

“Come funziona la prevendita per lei?”

Se non vi risponde come è stato spiegato poco sopra, sappiate che vi sta prendendo per il culo.

P.S.: Se non volete andare prima e pagare la prevendita (ovvero pagare di più ed andare a vostre spese due volte nello stesso teatro per UN solo spettacolo), potete andare all’ultimo momento, comprare il biglietto da uno che ha la morosa febbricitante, non gli pagate la prevendita (e lui è felice, perché non perde tutto), entrare a mettervi seduti nei posti liberi dei ritardatari quando la voce annuncia “lo spettacolo sta per cominciare…”, potendoli anche scegliere di persona.

Oppure comprare i biglietti da uno che ha fatto la fila già una volta, ed adesso maggiora il prezzo del biglietto per il disturbo.

Si chiama “bagherino”, e si noti l’assonanza…

Non per altro (196/2003)

Leggo stamane alla biglietteria della stazione un bel cartellone luminoso:

Per ragioni di privacy gli utenti sono pregati di aspettare il proprio turno

Non è dunque per il motivo, sul quale hanno evidentemente mentito i miei a suo tempo, che attendere il proprio turno è per questioni di senso civico e convivenza civile; non per il fatto che tutti assieme davanti allo sportello (pragmaticamente e senso civico a parte, dunque) il bigliettaio non saprebbe a chi cazzo dare retta.

No, è per la privacy.

Dunque al controllore che mi domandasse dove vado e se ho il biglietto potrei anche dire “si faccia i cazzi suoi” o “Il cliente si avvale della facoltà di non rispondere”?!

Affari suoi (franco concessionario)

Vado in una concessionaria per discutere un acquisto e far valutare la mia macchina attuale.

Valutiamo la permuta.
OK.

Parliamo del nuovo.

Che modello vuole? Ah.
Uhm, accessori? Ah!

Se la vuole così dobbiamo ordinarla.

Ci vorranno sessanta giorni pieni per averla, è un problema?

Dico: No, perché?!

Dice: Perché è un problema per noi, veda… Io la valutazione gliela faccio oggi, ma lei giustamente la macchina me la da fra sessanta giorni, ed io allora ritirerò una macchina che, avendo un anno solare in più varrà sul mercato 4/500 euro in meno.
E poi, vede, lei il saldo me lo da, giustamente, fra sessanta giorni… mi spiego?

No, non ti spieghi, a me che me ne frega?!

La’… laaascia (pagoìo)

Dai fa’ vede quant’è… steccamo… ma figurati, faccio io: ho invitato io e faccio io… ma nunesiste… famo a mezzi… noo essù… ma la’, laaascia: nun ce viengo più… se fai sempre ccosì nun è giusto.

E tiette le mano ‘n tasca… nun tocca’ er portafoji!
Famo à la romana.

Ma che usciamo a fare con qualcuno? Per il gusto di litigare su chi paga?
Quale beneficio porta una serata conclusasi con le pippette di rito sul pagoìo?!

Voi paga’ te?
Ma fa come te pare…
E paga, tie’!
Ma nu’mme mannà la robba pe’traverso!
Anzi, se paghi te,
‘scimo più spesso.

R201002101730

Pippi gambe lunghe

Kate Moss non ci piace più?

Cos’ha che non va per quel mondo che l’ha portata alle stelle, e poi la lascia nella polvere bianca?

Il modello e la modella che sembrano strafatti, mezzi fracichi, decerebrati, confusi, tanto che lei sembra più maschio di lui e viceversa quanto a femminilità, è un modello vincente quanto a marketing.

Se non sai di un cazzo, sei un fico come noi.

Salvo poi colpirne una per educarne cento: devi essere molto insipida, e non poco da fingerlo, ma abbastanza da esserlo. E che sia lampante che lo sei.
Ti devi strafare per sopportarlo e nascondertelo e per essere più reale, ma devi essere talmente reale da fare pensare ad una finzione.
Come l’animazione 3D che imita i cartoni animati e non gli oggetti reali.

Insomma devi strafarti prima di andare davanti all’obiettivo, non durante, tesòra.

Avanti un’altra…

R201002101734

Super sans aplombe

Il traffico nelle grandi città è a livelli intollerabili, e parimenti lo è l’inquinamento.

La soluzione è semplice, usare il mezzo pubblico.
Compri un biglietto con un SMS, aspetti il mezzo pubblico, sali, prenoti, arrivi scendi.
Che ci vuole?

Eppure non è così, la gente continua a riempire le nostre città d’arte di macchine, ci si stressa dentro, si agita, s’incazza e non arriva mai, non trova parcheggio; le piazza in seconda o terza fila, prende multe, bestemmia, se prende il vigile, pensa a quanto gli costa fare il pieno, e tutta quella benzina sprecata nel traffico, invece che sfrecciare sulle strade vuote delle pubblicità.

E poi tagliandi, assistenza, assicurazioni, incidenti, CID (che come RAI – Radio Televisione Italiana, dovrebbe essere RTI, no?! CID è Costatazione Amichevole d’Incidente, CAI, e se lo noti t’incazzi anche per questo), e risarcimenti che non arrivano.

E te la strusciano, te la graffiano, te la taggano a spray fucsia, lavami zozzo, e te la rubano. Col cazzo c’ho messo il satellitare, oddio il telefono sono quelli del satellitare, famme core, m’aàstanno a aàrubbà! Oddio er còre, mortacci era’n farzo allarme. Aho, moòmale!

Perché?

Ho deciso faccio un’intervista ad un campione rappresentativo: chiedo.
Capiremo.

Chiederò:
Con questi presupposti, ed altri che al momento ignoro, e tutte le conseguenze di questi presupposti, perché seguitare a prendere la macchina?

Eccone uno: io.

Mi chiedo: perché?!

Rispondo: perché la gente non si lava, mangia la bagnacauda, ha il dentifricio all’aglio, il deodorante alla molfetta, usa lo shampoo al concime, e tossisce, si scaccola e le appiccica sugli appositi sostegni, sputa (magari non vorrebbe, ma sai com’è l’insalata: s’infila), ti pesta i piedi e li tolga da qui sotto, gli squilla il cellulare e mentre parla gli squilla l’altro e non sente e urla e aspe’! mà?! ahò? mesènti?!
E zignori io vive in parcheggio, e musichette e trombette e zampogne, e attention au voleurs (beware to pickpockets).

E i finestrini? Sigillati, da tradotta militare, perché c’è l’aria condizionata; almeno nel progetto iniziale del mezzo c’era. E l’altro mezzo?

Hai presente, mi dico per tutta risposta, quando entri nella tua maledetta macchina?
Chiudi lo sportello, metti su un CD, e vai. Basta prendere tutto con calma.
Non sono io a dover rinunciare alla macchina, sono gli altri che devono rinunciare a convincermi che muoversi in una stalla è segno di civiltà.

Del resto con quello che comporta averla e tenerla ferma, permettete che se risano l’economia nazionale comprandola nuova ogni tre anni, e ritocco il PIL con l’indotto, poi la uso pure?

R201002101739

Moderno ma non troppo

Una volta c’erano i deflettori.

Poi vennero i finestrini, abbassabili.

La tristezza risiedeva nel fatto che con un uso medio della macchina, ci si fermava mediamente cinque volte al giorno, e tutte le sante volte venti secondi a tirare giù il vetro per l’areazione dell’abitacolo, e ventitré secondi a tirare su il vetro alle soste.

Erano quarantatré secondi a botta, per cinque uguale duecentoquindici secondi/die al alzare ed abbassare finestrini.

Significava seimilaquattrocentocinquenata secondi al mese (sono centosette minuti e mezzo giusti giusti) e su un anno sono settantasettemilaquattrocento ovvero ventuno ore e mezza, quasi una giornata.

Su una vita automobilistica media erano una paio di mesi delle nostra vita passati ad alzare ed abbassare dei finestrini.

Antichità, certamente.

Oggi fanno gli alzavetri elettrici, che con una pressione leggermente prolungata, abbassano ed alzano i vetri completamente, senza nemmeno dover tenere premuto.

E per l’uomo del terzo millennio che spegne e scorda i vetri aperti, degli antifurto che oltre a chiudere le centralizzate alzano automaticamente i vetri.

E passiamo mesi della nostra vita a controllare che ‘sti cazzo di vetri si chiudano, e non facciamo nemmeno più quel minimo d’esercizio fisico.

R201002101808