Suo padre è stato anche Beppe Viola

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Poi invece ieri ho capito che tutta questa cosa qua è successa proprio a me: sono andata negli uffici della Feltrinelli ad accoppiare delle facce ai nomi delle email che ricevo ormai da mesi: Chiara, Giorgia, Donatella. Me le immaginavo diverse, più business, e invece sono tutte affettuose, baci e abbracci, complimenti per il libro, assoluta disposizione, accoglienza. E poi Alberto, che mi ha invitato a pranzo e con cui ho chiacchierato un po’ di tutto, dalle montagne ai cani all’America, ai figli. Per non parlare di Giuseppe, che aveva accolto l’embrione del mio libro con entusiasmo e una visione particolarmente bella, e che a botte di incoraggiamenti, suggerimenti e chiacchierate è riuscito ad aiutarmi davvero a tirar fuori quello che volevo dire.

Da: pensieri e parole: Allora è vero!.

* * *

Mio padre è stato anche Beppe Viola, Marina Viola | Ebook Bookrepublic.

Italo Einstein

I viaggiatori potranno leggere i libri dai device installati a bordo di Italo e anche dai dispositivi personali come laptop e tablet dotati di wifi. Il servizio di lettura è da oggi attivo in una versione beta sperimentale e verrà messo a punto nel corso dei primi mesi del 2013 anche in funzione dei riscontri sul campo. Gli ebook sono fruibili in streaming attraverso il portale di bordo Italolive che è accessibile tramite browser. Grazie alle tecnologie implementate è possibile leggere senza interruzioni mentre il treno viaggia a 300 km orari, anche nei tratti con tunnel e nelle zone geografiche prive di copertura mobile

Pare anche che i treni Italo ogni tanto debbano rallentare per evitare che le luce emessa dai fari anteriori sbatta contro il vetro del treno accecando il macchinista e sopratutto che quella emessa da quelli posteriori resti indietro. almno finché saranno in beta sperimentale. Poi avranno dei fari che emettono una luce più veloce.

Da: Con RCS Libri gli ebook sono gratuiti in streaming per la lettura sui treni Italo | Macitynet.

È l’Italia che va

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Questo libro di manifesti delle dimensioni conseguenti1, 2 (A3 per circa 3 kg), oltre ad essere un buon concentrato di storia iconografica e di refusi nella versione italiana (ah, stampato e rilegato in Cina), dà una chiara idea della dappochezza del nostro paese e delle di lui radici.
Nei manifesti rappresentati a partire dalla fine dell’800 agli anni ’60 del novecento, di qualunque nazionalità siano purché non italiani, il messaggio pubblicitario (compra questa macchina, compra questo accessorio) viene in genere accompagnato solo dal nome dell’autore del poster e dell’agenzia/tipografia, della concessionaria dove comprare l’articolo. Punto.
Questo vale per il Venezuela, la Francia, la Germania, l’Algeria, e gli USA, tra gli altri.

I nostri no.
Sui nostri oltre il messaggio pubblicitario, unici al mondo, si possono leggere cose come:

Ministero delle finanze – istituto lotto e lotterie – esente da bollo
Esente bollo, Legge 6•1•18 N. 133, Art. 1, Tab. C
Regia Qvestvra di Genova – Visto per l’affissione
Chi lacera questo manifesto commette un reato e paga i danni!
Riproduzione vietata ai sensi di legge

ed altre amenità del genere.
Non ce n’è traccia nella Germania nazista, non nella Francia e nelle colonie Algerine.
L’unico paese di buffoni che da secoli si dà regole e norme, le avverbia con assolutamente, severamente e tassativamente e se ne sbatte i coglioni.
E ti viene da pensare che in questi giorni c’è ancora il deposito obbligatorio di epoca fascista e il reato di stampa clandestina e che nessuno dei governi che si sono succeduti da allora ad oggi ha mai nemmeno pensato di abolire.

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Immagine da http://ecx.images-amazon.com/images/I/91yE2H2fnyL._AA1500_.jpg (Amazon.it)

Today in Spectacular Bookseller Practices: A Random Used-Book Vending Machine

Canadian used bookseller The Monkey’s Paw has a solution for that: Enter the Biblio-Mat, a vending machine specializing in offering up a random used book in exchange for a measly $2.

Da: Today in Spectacular Bookseller Practices: A Random Used-Book Vending Machine | The Range: The Tucson Weekly's Daily Dispatch

Outlawed by Amazon DRM « Martin Bekkelund

A couple of days a go, my friend Linn sent me an e-mail, being very frustrated: Amazon just closed her account and wiped her Kindle. Without notice. Without explanation. This is DRM at it’s worst.

Segue su Outlawed by Amazon DRM « Martin Bekkelund.

Non sono affatto sorpreso: A book, is a book, is a book, isn’t an e-Book | eDue.
Però questo spiega il nome Paperwhite

Storia di Mario?

Ho letto RIGONI STERN, Mario; MILANI, Giulio – Storia di Mario. Mario Rigoni Stern e il suo mondo (ISBN 978-88-7580-042-0).
Dovrebbe essere la trascrizione di un’intervista del 2008.
Ho dei grossi dubbi sulla trascrizione, quindi alla fine su tutto il prodotto.

Ad esempio a pagina 82:

Era lui che aveva letto Storia di Tönle e si è permesso solo di cambiare gli accenti, perché io facevo l’accento acuto o grave sulla”e” indifferentemente, non stavo a guardare il tasto che era settato sulla macchina da scrivere

Ecco settato?
Mario RIGONI STERN?!
Bah…

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  1. eDue – Addio Sergentmagiù

Targata UD

Che le Giulia abbiano vinto tutto il vincibile, oggi lo sappiamo.

Non poteva saperlo l’Alfa Romeo nella seconda metà degli anni ’50; per paura di fare brutte figure, la parte sportiva del marchio fu delegata ad un’azienda esterna, con sede lontana da Milano (molto prima che i dintorni si chiamassero hinterland), con nessun richiamo nel nome e nel logo alla casa del Biscione.

Mettiamoci forse anche il fatto che né Giuseppe LURAGHI né Orazio SATTA PULIGA (allora presidente e direttore della progettazione) volevano distrarre risorse dalle macchine di serie: stava nascendo la Giulietta, si stava progettando la Giulia. Fallire con la prima avrebbe significato chiudere.

Mettiamoci che i tempi erano diversi da oggi, certo, ma non troppo.
Gli essere umani di allora non erano diversi da quelli di oggi. Accadeva, accade oggi ed accadrà ancora finché ci saranno esseri umani sul pianeta, che un modo per portare avanti un progetto è quello di allontanarlo dalle piccolezze e dalle lotte interne; quindi mandare tutto lontano era anche un modo per garantirsi che da qualche parte si andasse a parare con l’attrito minore.

Cosa c’entra l’alfabeto greco?

Nulla in sé.
I fondatori furono in due, ma quelli al vertice dell’azienda in tre: una figura con tre vertici è un triangolo.
Quindi non è vero che il motivo della scelta sia da far risalire al Quadrifoglio che campeggiava sulle Alfa da corsa; non è vero intanto perché i primi quadrifogli campeggiavano su un rombo poi divenuto un triangolo solo per via della morte prematura di Ugo SIVOCCI1 durante la prove del GP d’Europa sul circuito di Monza (1923).

Qui si trattava di una nascita, quindi richiamarsi ad una morte non era certamente nelle corde dei genitori.
No, è solo che Autotriangolo o Autotre suonava male, ma Autodelta no, tutt’altro.
Nell’alfabeto greco il delta maiuscolo è un triangolo (Δ).
E nacque l’Autodelta, e l’idea non fu di uno dei fondatori, ma del terzo vertice del triangolo…

Cos’era l’Autodelta?

All’inizio fu una snc con sede sul retro di una concessionaria Innocenti.
Divenne una SpA molto dopo, in prossimità della sua fine.
La società Auto-Delta fu costituita da Carlo CHITI e Lodovico CHIZZOLA con un apporto di capitale di 500.000 lire dell’epoca a testa, ed aveva come scopo sociale vivere dieci anni, tacitamente rinnovabili di cinque in cinque; il secondo rinnovo non fu mai necessario.

Chi era Feletto Umberto?

Non era il terzo vertice del triangolo.
Era il nome della località vicino Tavagnacco (UD) in cui sorgeva la concessionaria Innocenti di Lodovico CHIZZOLA.
Il terzo vertice del triangolo era, allora, un dipendente Alfa Romeo: Gianni CHIZZOLA.

Questo curioso caso di omonimia era in realtà spiegabile col fatto che il secondo era il fratello del primo; era il collegamento che Alfa Romeo aveva con Autodelta, e fu di fatto l’artefice sia del nome Autodelta (appunto, e con il processo creativo spiegato sopra) che della convivenza tra i due fondatori, minata dalla personalità di CHITI e dalle aspirazioni di Lodovico.

A proposito di aspirazioni

Uno dei problemi della Alfa col bialbero (come dire delle Alfa tout-court) era l’erogazione in basso.
Le bialbero erogavano in alto ma erano vuote in basso, motivo per cui andavano benissimo per la pista dove si sfrutta appunto l’intervallo alto del numero di giri motore, tollerando benissimo il fuorigiri, ma prendevano sonore scoppole dalle Lancia Fulvia Coupé (le famose Fulviette), che erogavano molto più in basso la coppia massima e pesavano molto meno.
A questo secondo problema – il peso – l’Alfa, la Zagato, la Ambrosini e l’Autodelta provvedettero col telaio tubolare, leggero e molto resistente alla torsione; ma per il primo che fare?

Un modo per esaltare l’erogazione ai regimi alti è quello di liberare lo scarico.
Sulle Giulia TZ 1600 (Tubolare Zagato – note anche come 105.112) si utilizzò il famoso 4 in 1 Alfa, come sistema di collettori di scarico, seguito da un tubo di circa dieci centimetri di diametro dritto e lungo come tutta la restante parte della macchina, che non era poi molta vista la sua architettura a motore longitudinale a cavallo delle ruote anteriori col gruppo cambio dentro l’abitacolo.

Ma per migliorare l’erogazione ai medio-bassi l’unica era avere dei condotti di aspirazione lunghi.
Alcune TZ che dovevano avere il 1600 con una buona erogazione in basso furono dotate di tubi di aspirazione lappati lunghi circa 20 centimetri.
Allora non c’era la geometria variabile nell’alimentazione; ecco a cosa serve, oggi.

Nota: perché il “4 in 1” è vincente?

Perché l’ideale, se non fosse per il peso, sarebbe avere tanti scarichi quanti sono i cilindri; ma pesano.
Allora, visto che per ridurre il peso è necessario convogliare gli scarichi, e visto che il punto di confluenza crea inevitabilmente delle criticità (reflussi, differenze di velocità, vortici, ecc.), l’unica era semplificarsi la vita, trovare un buon compromesso, ma uno.
Un 4 – 2 – 1 avrebbe creato lo stesso problema tre volte, tante quanti i punti di confluenza: da quattro a due “2 in 1”, poi i due “2 in 1” nel terminale.
Allora non c’erano le simulazioni numeriche; ecco a cosa servono oggi.

Se con questo antipasto di cui sono responsabile, errori e refusi compresi, v’è venuta fame, l’unico modo per togliervela è questo:

CHIZZOLA, Gianni – Autodelta e dintorni… Fatti, illusioni, delusioni, sogni noti e meno noti – Campanotto – Zeta rifili.

Ci troverete anche un Enzo FERRARI piccolo piccolo (e piuttosto pulciaro), una di lui moglie invadente, un Carlo CHITI che ‘un ci vede più e gira in Giulia fucsia metallizzato, e tanto materiale documentale originale.

E sopratutto ci troverete il motivo per cui la targa UD della TZ accelerò la fine della snc, l’avvio della SpA e quindi la fine dell’Autodelta.

* * *

  1. Alfa Romeo – Storia del marchio Quadrifoglio Verde
  2. Il progetto della TZ nacque come 105.10; si trattava di una macchina con motore 1300 bialbero molto avanzato, derivato parzialmente dalla Giulietta TZ; Alfa decise poi di concorrere nella categoria 1600, e si decise di usare il telaio delle 105.10 con il motore della Giulia 1600. Stesso progetto con due motori diversi fece sì che da 105.10 si passasse a 105.11 che poi fu il modello di tutte le TZ costruite.

Maschio Ex-Alfa

Devo dire che Luca DE MEO (che non ha mai ispirato una benché minima simpatia, nel libro poi dice pure Web 2.0!), scrive molto bene.

Lo si potrebbe dedurre analizzandone lo stile, ma io ho un metro molto più pratico e preciso (naturalmente facendo piede perno su di me, ci mancherebbe): il numero di pagine che leggo di fila prima di chiedermi a che numero di pagina sono. Nel suo caso 86. E, forse, ho interrotto perché è finita la Parte Prima; magari sarebbero state anche di più.

Oppure

Oppure, meglio, leggevo e leggevo in attesa che si arrivasse all’Alfa.
Su Da 0 a 5001, 2, invece di Alfa Romeo non c’è traccia.
Nulla.

Quello che c’è è né più né meno quello che c’è nel libro di Antonio GHINI – Dal detersivo alla Ferrari – anche perché in epoche diverse i due hanno frequentato le stesse case, segnatamente Renault.
C’è persino la Volkswagen (di sfuggita), ovvero il dopo Fiat, ma l’Alfa Romeo non c’è.
Quindi questa rimozione non può essere legata a questioni meramente editoriali, visto che c’è il prima (Lancia e poi Fiat) e il dopo fino ad oggi.

Allora perché?!
Mi piacerebbe chiederglielo (DE MEO, se leggi qui puoi commentare qui sotto), ma in mancanza della versione ufficiale facciamo delle ipotesi.

Luca DE MEO (ah, l’introduzione di Massimo GRAMELLINI oltre che inutile è squallida) era uno di quelli definiti Marchionne Boys3.
Di tutti in FGA ci si poteva aspettare che andassero via meno che di lui. Eppure lui è andato via.
Del suo allontanamento Sergio MARCHIONNE non ha mai detto nulla, eppure è uno che finge di schivare le risposte (che ore sono? Se per lei è importante saperlo sappia che ai mercati non interessa affatto – ma poi aggiungerebbe – e comunque uno che sta a guardare l’orologio mentre lavora non può che essere della FIOM) ma finisce sempre per polemizzare su tutto. Se il DE MEO fosse stato un sassolino nella scarpa prima o poi (più prima…) sarebbe venuto fuori qualcosa.
Invece mai una parola. E questo è un fatto.

Poi va detto che DE MEO parla di MARCHIONNE sempre e solo in termini elogiativi. E non è solo il riconoscergli un ruolo in termini aziendali (cosa che per uno che ci lavora non mi pare così strana) ma anche riconoscergli un qualcosa di più che pare abbia molto valore in termini di riconoscenza.
Ma oggi è in VW, potrebbe dire ciò che ne pensa, se questo differisce da quanto detto in passato.
Avrà da contratto un embargo, forse esteso ben oltre l’esperienza col precedente datore di lavoro, ma non è che non ne parli.
Invece mai una parola fuori posto. E questo è un fatto.

Leggendo il libro invece viene fuori una Fiat che ha una forte voglia di rinnovamento e mai un contrasto sociale, mai un’idea della fabbrica espressa in termini economici, tutto in termini umani.
Sindacato è una parola che non c’è; crisi è una parola che aleggia, ma aleggia solo per esaltare la creatività italiana, che viene fuori sempre nei momenti peggiori e diventa quel plus che agli altri manca.
Italia è un qualcosa di positivo senza se e senza ma, MARCHIONNE una specie di Steve JOBS italiano, uno che vorrebbe una Silicon Valley peninsulare.
La nuova Fiat appartiene a tutti noi, Here’s To The Crazy Ones.

Uno potrebbe pensare che il ruolo di DE MEO fosse quello di vendere non quello di fare politica industriale.
Certo, in Lancia era così; si trattava di far piacere la nuova Ypsilon alla gente che piace.
Poi la Punto la cui musica è cambiata, sì forse pure quello era Marketing e basta.

Ma.
Ad un certo punto, Luca DE MEO diventa il direttore Marketing di tutta FGA, ed AD di Alfa Romeo.
Se ne sarà scordato?
Oppure è forse quello il motivo dell’allontanamento?
Sembra infatti che coloro che toccano l’Alfa Romeo poi finiscono in Volkswagen. DE MEO è solo l’ultimo, ma non dimentichiamoci di Walter DE SILVA, Wolfgang EGGER. L’Alfa recentemente ha solo fatto da tunnel spazio temporale, è stata il trampolino attraverso quale giudicare se uno verso cui si ha un interesse vago possa diventare uno di Wolfsburg; il pianeta ideale su cui posarsi un attimo e poi pronunciare il fatidico Beam Me Up Ferdi4.

Ricordo che quando DE SILVA discusse con VW il suo passaggio, il presidente di allora gli chiese:
– Le piace molto l’Alfa Romeo?
– Sì
– Anche a me. Io quello voglio da lei, che lei venga a continuare a disegnare Alfa Romeo qui da noi.

E le ipotesi?
Eccole:

1. Gli hanno detto: le piace l’Alfa Romeo? Si?! A noi non frega un cazzo5, ci faccia vendere Punto e Bravo col marchio Alfa.
2. Gli hanno detto che l’Alfa Romeo sarebbe stata rilanciata, e poi gli avranno fatto vedere una slide come questa6

Però sempre restando nell’ambito dei fatti, la MiTo vende MENO della Giulietta che pure costa di più…

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  1. DE MEO, Luca – Da 0 a 500 (Marsilio) – su Bookrepublic.it
  2. DE MEO, Luca – Da 0 a 500.it
  3. Luca De Meo, un italiano "2.0" a Wolfsburg
  4. eDue – Mira fiori il canadesino
  5. eDue – De Meo (Patacca)
  6. eDue – FIAT – Fabbrica Italiana Automobili Toronto
  7. eDue – Ritratto con s’ignora

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In merito al Web 2.0™, si noti che il blog Da 0 a 500.it ha raccolto, dal novembre 2010 ad oggi ben 24 (ventiquattro) commenti. Per uno che ha usato massicciamente il web per lanciare la 500, sarebbe il caso di definire prima il concetto di “massicciamente”.