David Pogue, una volta editorialista caro agli utenti Mac, oggi columnist di The New York Times, espone un fatto che se non fosse di una gravità inaudita e non fosse l’ennesimo della serie, sarebbe divertente [0].
Il fatto è questo.
Amazon.com, ha venduto due titoli di George Orwell attraverso la sua piattaforma Kindle: Nineteen Eighty-Four e Animals Farm.
L’editore pare non abbia gradito l’edizione elettronica.
Amazon.com, il cui modello di business è Get Big Fast e non Respect Your Customers, ha ritirato i titoli, cancellandoli dai Kindle sui quali erano già stati installati e riaccreditando l’importo agli acquirenti.
Sembrerebbe esattamente identico al ladro che vi entra in casa, con la differenza che i primi lasciano il controvalore monetario di quello che vi portano via.
Ma non è così.
Il Kindle non è vostro (nel senso di possesso), è solo di vostra proprietà.
E solo per quanto riguarda il contenitore, l’oggetto.
Il suo contenuto, l’uso che ne ne fate, sono licenziati e non venduti e gli acquirenti acquisiscono non un diritto di proprietà, ma un diritto, temporaneo, di utilizzo di una cosa altrui.
Tecnicamente il lettore lo comprate, certo, ma non potendone liberamente disporre (ad esempio quanto ai contenuti della sua memoria interna) diciamo che è una nuda proprietà.
Comunque non c’è intrusione da parte di Amazon.com, semmai una gestione delle loro proprietà.
Quindi voi avete la proprietà e non il possesso dell’oggetto, loro hanno entrambi dei contenuti.
Ecco la differenza, dunque: se uno vi entra in casa e porta via un libro lasciando il prezzo di copertina sul tavolo, c’è scasso, violazione di domicilio, furto. Se vi cancellano un e-Book dal lettore che avete pure pagato, è asset management.
Questi sono, in sintesi i DRM.
* * *
Dicevo che la cosa potrebbe apparire grave se non fosse l’ennesima della serie.
La più famosa, finora è quella di Apple che nell’aggiornamento software dell’iPhone (iOS 2.qualcosa) ha introdotto la blacklist per la applicazioni, a dire di Jonathan A. Zdziarski.
Siccome non mi pare che Apple abbia patito commercialmente questa scoperta, parimenti non credo che Amazon.com la patisca più di tanto.
* * *
Dagli atomi ai bit
Dicevo che la cosa potrebbe apparire divertente se non fosse grave.
Se conoscete Orwell anche solo di nome, immaginerete perché.
Se l’avete anche letto, non vi sfuggirà il lato grottesco della vicenda; oggi l’alternativa a questo genere di eventi consiste in una scomodità. Si tratta infatti di uscire di casa, andare in una libreria e comprare l’edizione cartacea dei libri di Orwell, ragionevolmente certi (Bradbury permettendo) che quel libro sia vostro e che ogni tentativo di impossessarsene da parte di terzi e senza il vostro permesso costituisca una violazione della proprietà privata.
Ma in un mercato che sta seguendo non alla lettera Negroponte sulla strada della dematerializzazione che brandisce nella prefazione di Being Digital [1]:
A book has a high-contrast display, is lightweight, easy to “thumb” through, and not very expensive. But getting it to you includes shipping and inventory. In the case of textbooks, 45 percent of the cost is inventory, shipping, and returns. Worse, a book can go out of print. Digital books never go out of print. They are always there.
come non immaginare un giorno in cui certi titoli finiscano in una blacklist “governativa” rendendoli di fatto inesistenti da quel momento in poi.
È vero, si è detto che [2]
In effetti il traffico di bit è considerevolmente aumentato, ma i paperless offices non solo non sono una realtà, ma l’avvento della stampa a buon mercato (il cosiddetto desktop printing, ovvero una stampante su ogni scrivania) ha innalzato a livelli mai precedentemente registrati il quantitativo di informazione cartacea prodotta.
e quindi basterebbe stamparli, ovvero ancora una volta, opporre una scomodità ad un’offesa.
Ma chi vi dice che ciò sia possibile? Qualcuno sostiene che ci si stia organizzando anche in questo senso. Se sia vero o meno non so, ma che sia tecnicamente fattibile è certo. È già così?! Lo sarà?
Beh, già dal 2000 esistono i PDF protetti, che possono essere visualizzati ma non stampati.
* * *
Smollicare coi crackers.
Il percorso a molliche di pane che i DRM lasciano nelle nostre vite può essere combattuto in due modi; uno attualmente è ancora legale, l’altro non lo è.
Il primo modo è usare Software Libero, formati aperti e pubblici.
Il secondo è quello di ricorrere al cracking per modificare i prodotti in maniera da eliminarne le limitazioni in argomento.
Ma già il fatto che si debba ricorrere a pratiche illegali per tutelarsi dai soprusi, è un segno.
Studio della serie
All’inizio ho detto che il caso in argomento è parte di una serie. Su questo possiamo distinguere le posizioni di un ottimista da quelle degli altri. L’ottimista sostiene che i DRM si suicidano da soli ed il caso di iTunes Store parla chiaro: i brani ora sono tutti DRM free (anche se contengono un watermark).
Forse sì, forse la serie converge ad un limite di sopportazione.
O forse la serie è divergente; in questo caso lascio a voi stabilirne il segno.
Riferimenti
- [0] MANTELLINI, Massimo – Il Grande Fratello elettronico
- [1] NEGROPONTE, Nicholas – Being Digital
- [2] FARALLI, Carla; FERRARI, Marco; GUDERZO, Stefano; DEODATI, Simona; BERTINI, Patrizia, BOSCAROL, Maurizio; DOLDO, Antonio; DI BENEDETTO, Claudio; MORASSI, Eugenio – Il processo di comunicazione istituzionale attraverso tecnologie web: il caso del sito 3.0 dell’Istituto Superiore di Sanità
R 20101120 1246