Corcazzomer Care

Premessa

Lo scorso 2 marzo l’Alfa Romeo, anzi FCA, ha presentato la Nuova Giulietta in molti posti contemporaneamente in tutta Europa e ne ha fatto una diretta web.

Questi eventi, cui mi pregio di essere stato spesso invitato, sono tutti uguali: sono circostanze in cui con i potenziali clienti si usano argomenti e retoriche tipici dei corsi per venditori, il tutto immerso in musica di merda a volume altissimo e condito da luci strobo.
A volte, tanto per buttare un altro po’ di soldi, ci sono cantanti famosi di cui tutti ignorano l’identità, e giocolieri.

Poi il 3 marzo si è aperto il Salone di Ginevra, e sono state (ri)presentate Giulietta e MiTo, oltre alle Giulia in versione civile (piuttosto bella, quest’ultima, tolti push-up e spacchi della Quadrifoglio).

Bene lo stesso giorno sul sito Alfa Romeo, compare la Nuova Giulietta
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in cui c’è questo

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Riassumendo, accade che sul sito di Alfa Romeo, compare la Nuova Giulietta, e volendo saperne di più si viene portati su una pagina a essa dedicata, nella quale c’è la promozione riservata alla Nuova Giulietta 1.6 120 CV TCT, nei soli allestimenti Giulietta e Super.

In quella pagina è possibile prenotare un Test Drive; giudicate voi:

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Non sembra che il sito vi offra un Test Drive per la GIULIETTA 1.6 120 CV Tua a 185 € al mese con cambio automatico TCT incluso nel prezzo?

Bene, prenoto il Test Drive e mi arriva un’e-Mail di conferma in cui mi si ringrazia per aver scelto Alfa Mito e che sarò contattato al più presto.

In effetti, mercoledì scorso alle 18:21 mi arriva una telefonata da Milano durante la quale un signore mi comunica che:

  1. Grazie per aver contattato Alfa Romeo
  2. Lei è il signor eDue? Bene, signor eDue, la chiamo per la sua richiesta di Test Drive
  3. (faccio presente che nella ricevuta avuta per e-Mail era scritto MiTo) Mi comunica che non c’è problema, e che il Test Drive sarà certamente per Giulietta
  4. (faccio presente che sono già un possessore di Giulietta, mi interessa provare proprio la 1.6 120 CV TCT) Accettassi il consiglio di andare, non il successivo fine settimana, ma durante la settimana, perché in questo modo avrò il tutto personale a mia disposizione e tutto il tempo che voglio per fare il Test Drive
  5. (e, già che è in vena di Consigli&Dritte) Quando arriva in Viale Manzoni 67, dica che è il Signor eDue e troverà un addetto ad aspettarla (e per questo lo ringrazio sentitamente; dire chi sono, visto che ho prenotato, l’avrei mai pensato).

Intanto un fatto: giovedì (il giorno dopo) alle 17:00, dallo stesso numero, ricevo una telefonata di una signorina che vorrebbe ricominciare tutto da capo e che resta molto sorpresa del fatto che io abbia già concordato tutto il giorno prima con un suo collega.

Viale Manzoni 67

Stamattina prendo un permesso in ufficio, per andare all’appuntamento.
L’idea è quella di provare la Giulietta, chiarirmi un paio di punti relativi all’offerta Liberamente Alfa di FCABank (ex Sava, per capirsi) ed eventualmente aderire.
Se non fosse chiaro, stamattina ho preso un permesso in ufficio con l’intenzione di andare a dare dei soldi a FCA, OK?!

Però io che conosco FCA, avevo premesso a casa che stamattina, no niente.

Vado, entro da Via di Porta Maggiore 12, dove comunico sia l’appuntamento per il Test Drive, sia l’intenzione di far valutare la vettura, che quindi deve entrare con me.

Parcheggio e dall’interno vado nel salone principale della concessionaria, quello che sta appunto all’angolo tra Viale Manzoni e Via di Porta Maggiore, passando per la sala Usato, la sala Consegne e lo spazio Jeep. Il salone, venendo dalle tre sale di cui sopra ha lo spazio Alfa Romeo a destra, Lancia a seguire ad angolo, Fiat a sinistra con Abarth in fondo e un desk al centro.

La situazione è questa: lo spazio Alfa Romeo è completamente vuoto, non c’è traccia di nessun addetto alle vendite né di clienti; sono esposte un paio di Giulietta Sprint (non più in produzione), una Giulietta Quadrifoglio Verde (non più in produzione) ed un paio di MiTo (non più in produzione). Fronte strada una Giulietta Exclusive (non più in produzione). Vicino allo Spazio Jeep, una 4C Spider, in penombra.

Attendo al desk ingannando l’attesa guardando il salone di auto d’epoca fino a che, due/tre minuti dopo, una signorinella mi si avvicina incuriosita (chissà da quanto tempo non vedeva un avventore) e mi chiede quale sia il motivo della mia presenza.

Obbediente, ricordo e tengo fede alle raccomandazioni avute telefonicamente e prontamente mi identifico; il mio nome non dice nulla alla signorinella.
Sono qui per il Test Drive.
Ah, e quale macchina vuole provare?
Eh, quella che ho prenotato.

Aspetti, le spiego

Noi abbiamo già fatto presente la cosa a Torino: a noi le prenotazioni non arrivano.
Però, se lei mi dice che macchina vuole provare non c’è problema.
Vorrei provare un’Alfa Romeo Nuova Giulietta 1.6 JTDm-2 120 CV con trasmissione TCT in allestimento Super.
No, guardi, le spiego.
Noi non abbiamo quella macchina, abbiamo solo un Giulietta 1.4 turbo GPL.
Modello vecchio, vero?
Aspetti, le spiego.
Non solo non abbiamo la millessei, ma non ce l’avremo mai, perché possiamo avere una sola macchina per ogni brand in Test Drive, e ce la mandano da Torino in base agli ordini dei venditori.

Aspetti, le spiego

Non alla signorinella, che sembrava anche un po’ imbarazzata, ci mancherebbe.
Lo spiego a lei, Torino.

Torino, io che conosco FCA, avevo premesso, uscendo di casa, che stamattina sarei andato a perdere tempo a Viale Manzoni 67.
Io che vi conosco avevo specificato bene al pupazzetto milanese che volevo provare quella macchina e non una simile, e lui mi ha detto che non c’era problema.

Forse lui lo sa che un problema c’è o forse no; ma la consegna è simpatia, efficienza. Non può dire a un cliente «vada pure tranquillo, tanto a noi non cene frega un cazzo, e non le dico ai colleghi romani!»

Torino, io stamattina sono entrato in un Motor Village, dove tutto si è fermato a molti anni fa; anni in cui la FIAT aveva la quota di maggioranza assoluta nelle vendite, anni in cui tutti gli altri costruttori si spartivano le briciole. Anni in cui non solo non c’era Internet, per vostra fortuna e visto che non avete ancora capito cosa farvene (ed al momento la usate per farvi del male).
Torino, voi siete ancora rimasti ai tempi in cui vendevate la 127 Rustica al burino paonazzo, ai tempi in cui azzeccavate una macchina e tiravate avanti vent’anni solo con gli adesivi e qualche cornicetta cromata.
Anni in cui usciva la 124 ma in un angolo ancora c’era la 1100, hai visto mai qualche pensionato la volesse.

Torino, voi vorreste posizionare Alfa Romeo tra i brand premium, ma se uno viene al Motor Village, e lasciamo perdere l’appuntamento – che tanto – trova un salone vuoto dove non ci sono venditori e lasciate il cliente girare da solo in mezzo a modelli vecchi. E brand premium significa anche che il cliente ha uno smartphone e potrebbe aver saputo della Nuova Giulietta nello spettacolare reveal in simultanea europea1.

Torino, voi vorreste vendere la Giulia in questi Motor Village dove il sentimento principale è l’abbandono e quello dei pochi autoctoni la costernazione?
Ma dove cazzo andate?
Chi viene lì dentro a mettervi in mano un assegno da 40.000,00 € se va bene, seduto sul pouf di Ikea e circondato da foto di Brera e 159?

E pure fosse, a chi lo dà l’assegno?

Torino, siccome oggi proprio volevo darvi dei soldi, ho comprato dei tappeti per la mia Giulietta, perché la tengo, per sostituire quelli che mi avete cortesemente regalato alla consegna.

Vado ai ricambi, all’interno del locale officina, ma i ricambi non ci sono più.
C’è una comunicazione su A4 stampato laser, sbiaditissima, su cui qualcuno ha vergato a pennarellone “Maurizio frocione”.
Vado in officina e chiedo: dove sono i ricambi? Salone usato, la porta grigia di fianco al bancomat.
Arrivo e chiedo dei tappeti per la Giulietta. Li vanno a prendere nella vecchia sede; tornano dopo un po’.
Stampano 5 fogli A4 e mi dicono di andare a pagare per poi tornare lì a prendere i tappeti.
Chiedo: in quale cassa?
Riposta: quella dell’officina, in accettazione, uscendo a sinistra.

Arrivo fino alla cassa dell’accettazione e c’è scritto “chiuso, rivolgersi alla cassa centrale”, che è esattamente dall’altra parte dello stabilimento.

Alla cassa centrale, Torino, non c’è nessuno.
A fianco ci sono due che chiacchierano rumorosamente, da un lato, e cinque che chiacchierano rumorosamente mentre spostano incartamenti e pratiche (e cartelle sospese, roba che non vedevo da anni io, che lavoro nello Stato), dall’altro; mentre in fondo ci sono due incravattatissimi che bisbigliano con aria preoccupata.
Aspetto.
Dopo tre minuti, chiedo ai due che intanto avevano proseguito a conversare accigliati, se in cassa prima o poi fosse prevista l’apparizione di qualcuno; uno dei due dice che va a chiedere. Torna e dice che la collega è in firma e arriverà.
Fantozzi, ha presente? Uffici grigi, stigliatura ed arredamento anni ’80 (sono trent’anni fa, eh?!), penombra.
Dopo un po’ arriva la collega, che chiede ad uno in tuta dietro di me, dietro, ovvero arrivato dopo, di passare da una porta che gli lavora tutto il faldone che ha in mano.
Devo aver fatto una faccia tanto acida, che poi si rivolge a me dicendo che mentre lui fa il giro io dicessi pure.

Io avrei questi 5 fogli A4 e vorrei pagare.
Mi chiede come e dico bancomat.
Segue: inserimento del bancomat, calcolo dell’importo finale (comprensivo di IVA) su calcolatrice da tavolo Olivetti Logos 364 nastromunita; il calcolo viene ripetuto due volte e controllato sul nastro.
Poi mi viene chiesto carta o bancomat e poi soggiunto aggià bancomat.
Poi si attende un tempo lunghissimo che la scritta connessione, primo tentativo, lasci il posto a digitare PIN. Tipo prima connessione del giorno.
Poi si batte lo scontrino su un registratore di cassa, che si spilla in alto su uno degli A4, intanto esce la prima copia della ricevuta del bancomat che, piegata longitudinalmente per vincere la curvature imposta dal rotolo, viene dotata di un fermaglio gigante Leone Dellera n.6, casomai ne avessero degli altri, oggi.
Poi la seconda copia viene spillata sotto lo scontrino, sullo stesso A4.
Poi tutte e cinque le copie vengono timbrate con rumore da pressa, con un bel timbro datario + testo alto circa venticinque centimetri e con più metallo addosso che tutte le macchine esposte assieme; su ogni timbro viene posta una sigla a penna.
Su tre di questi viene inoltre riportato a penna l’importo finale comprensivo di IVA.
Mi vengono quindi restituiti nell’ordine: n.1 carta bancomat; n.3 copie formato A4 delle carte finora manovrate con la stessa abilità vista spesso nel gioco ominimo.

Saluto gli indigeni della cassa centrale e riparto per i ricambi dove attendo di nuovo, in una fila in cui riconosco alcuni che scopro essere avventori avndoli incontrati vagare nello stabilimento. Finché finalmente vengono controllate tutte le copie e trattenute in numero di due, gettandole in uno scatolone a terra.
La terza mi viene consegnata (quella con lo scontrino e la ricevuta del bancomat spillati) assieme ai miei tappetini.

Torino, io me lo immagino uno che viene qui all’INPS; uno che dopo aver visitato il concessionario storico con le auto fuori produzione, decide tutto da solo di comprare una 4C Spider, dovo averla ispezionata illuminandola con la fioca luce del telefono. Uno che viene qui in cassa centrale dove deve attendere la fine della proiezione della replica de La corazzata Kotiomkin e il rompete le righe del personale addetto prima che qualcuno lo degni di attenzione.
Io me lo immagino quanto l’experience da brand premium sia poi determinante nel raccomandare il tutto ad altri.

Mi immagino il Cinegiornale Lvce che racconta le gesta dell’avventore che superate mille e mille peripezie, vinta la solitudine durante il lungo vagare, patita l’attesa di qualcuno con cui conversare, guadagna fieramente l’uscita salutando commosso con il suo nuovo automobile.

E volete sapere una cosa, Torino?
Mi ero già immaginato quasi tutto ieri. Perché avevo già vissuto quasi tutto lì dentro altre volte, compresa l’ultima in cui venni per aderire all’offerta fantastica che scadeva il 7 gennaio, dedicata alle stesse macchine che ancora oggi riempivano il salone e che evidentemente non è andata come da aspettative, ma con una differenza.

Allora un venditore c’era e mi ha proposto una quotazione talmente bassa da meravigliarsi anche lui.
Poi, quando gli chiesi conto del perché, nascose frettolosamente il foglio sotto altri e mi aumentò lo sconto di 300 euro dicendo che non poteva fare di più.

Torino, io lo so perché torno lì, perché mi ricordo di quando ci venivo con papà2; perché lì dentro non è cambiato niente.

* * *

Dedicato agli Skunk Workers del modenese3.

Roma, interno giorno un anno dopo

Qualcuno mi chiede: ma perché non lo dici alla Fiat invece di scriverlo qui?

È stata la prima cosa che ho fatto.
Un anno fa, appunto.

Ho anche segnalato che la macchina, poi, l’ho presa al Motor Village di Magliana, ovvero presso lo stesso MV, ma in diversa sede, il che avrebbe dovuto far riflettere ancora di più.
Quello che ho ottenuto, a parte ovviamente nessuna risposta da FCA, è che il venditore con il quale ho concordato e contrattualizato l’acquisto, è stato trasferito a Manzoni e passato a Jeep, quindi che al numero riportato sul biglietto da visita non corrispondesse più lui.

alla fine ho scoperto che avrei dovuto comunque ritirarla a Manzoni ed ho scoperto che la macchina era stata immatricolata il 29 aprile (ordine del 16 marzo 2016) ma che il 10 maggio ancora non mi chiamavano per saldarla e ritirarla.
Scopertolo, sono andato di persona il 10 pomeriggio e con una serie di affermazioni convincenti (diciamo) ho ottenuto che l’11 mattina mi fosse consegnata, se avessi esibito la ricevuta del bonifico a saldo.
Il motivo dell’attesa inutile invece non l’ho mai scoperto; nessuno sapeva.

Nec bis in idem

Sono tornato due settimane fa (maggio 2017) a Manzoni, che a differenza di Magliana mi è molto più vicino e solo per quello, palesando l’intenzione di comprare una seconda Giulietta (notare: volevo prendere un’altra macchina, non sostituire nulla), e ne sono uscito con la fotocopia storta di un preventivo anonimo per una vettura in pronta consegna che, ça va sans dire, non rifletteva manco un po’ le mie intenzioni di acquisto.
Però con uno sconto risibile.
Infatti non l’ho comprata.

Nessuno che abbia fatto 2+2 e proposto una Giulia, per esempio; che ne so, un ragionamento da organismo pluricellulare, mica da Nobel per l’economia, tipo: questo ha già preso una Giulietta da 29.600,00 euro lo scorso anno, adesso ne vuole prendere un’altra, magari gli propongo una Giulia per 4.000,00 in più.
Macché.

E parlo di MotorVillage, non di Pizza&Fichi, dovrebbero essere i fiori all’occhiello di FCA.

D’altro canto, per correttezza, come ho scritto in occasione della prova della Giulia4 (che a Roma non solo non mi hanno mai proposto, ma nemmeno consentito) al MV di Arese mi hanno dato le chiavi di una Super e mi hanno detto “ci si vede dopo, la aspettiamo per pranzo all’Alfa Romeo Cafè, naturalmente ospite nostro”.

Alla fine proprio grazie a questo trattamento, NON ho preso la seconda Giulietta, ed aspetterò che la 156 dica basta per andare a prendere una Giulia ad Arese.
Ci capito qualche volta l’anno, ma anche non ne avessi motivo in futuro, tornerei fin lì, pur di sentirmi trattato come un cliente e non come un rompicoglioni. A parte il fatto che per me Arese è sempre e comunque un posto speciale, e che è un piacere andarci.

Io non pretendo di avere ragione, ma siccome i soldi sono i miei, e non li rubo e non li stampo in proprio, pretendo almeno che chi li dovesse prendere non voglia pure che lo supplichi per prenderli.
Ma forse sono strano io.

* * *

  1. Per la Nuova Giulietta uno spettacolare reveal in simultanea europea – Comunicati Stampa – Fiat Chrysler Automobiles EMEA Press
  2. eDue – Figli Detroit
  3. Infatti: Povera Alfa Romeo se chi è in prima linea la maltratta così | Il blog
  4. eDue – Prova Alfa Romeo Giulia 2.2 TD 150 CV Super @ Arese – eDue

Possibilissimo, avoja

Anche il governo si è interessato al tema. Lo scorso gennaio, il viceministro dell’agricoltura Andrea Olivero ha partecipato a un convegno organizzato dall’Associazione Biodinamica Italia, una costola di Demeter, e sul tema ha condiviso articoli molto positivi. Lo stesso ministro dell’Agricoltura, Maurizio Martina, ha auspicato sul suo blog personale che vengano organizzati dei corsi universitari sull’agricoltura biodinamica. Il Post ha chiesto un commento al ministro Martina sulla sua posizione sulla biodinamica, ma non ha ancora avuto risposta. La senatrice Elena Cattaneo, uno dei più importanti ricercatori italiani, ha commentato così, in un’intervista pubblicata sul Foglio la scorsa settimana, la dichiarazione del ministro: «Martina propone di creare corsi universitari sull’agricoltura biodinamica. Non è possibile che non si sia in grado di distinguere tra competenze, professionalità e ciarlataneria».

Da L’agricoltura biodinamica è una cosa seria? – Il Post

Matteo Müller e la faccenda quasi naturale

Il nuovo orizzonte è trasformare in core business anche lo sviluppo di “software e servizi”: secondo Jungwirth, Volkswagen ha già “l’hardware”, le auto, e dunque la svolta digitale dovrebbe essere una faccenda quasi naturale.

Facciamo alcuni altri esempi:

  • Avendo già il sole, è una faccenda quasi naturale costruire il Daitarn 3
  • Avendo già la carta, è una faccenda quasi naturale costruire i tablet
  • Avendo già un fiore è una faccenda quasi naturale costruire tutto (© Sergio Endrigo)

Ho creduto per anni che Matthias si traducesse Mattia, ed invece era Matteo.

Da Gruppo Volkswagen – Ginevra, Müller Accorpa Design E Digitale Per “l’auto Del Futuro” – Quattroruote

Ivanbucks

Howard D. Schultz, presidente e CEO della famosa catena di caffetterie Starbucks, ha annunciato che l’azienda all’inizio del 2017 aprirà il suo primo bar in Italia, in centro a Milano. Da anni si parla di un’imminente apertura italiana di Starbucks, ma solo oggi è ufficiale: il gruppo Percassi, il cui proprietario è Antonio Percassi, imprenditore bergamasco e tra le altre cose presidente dell’Atalanta, si occuperà dell’arrivo di Starbucks in Italia. Non è ancora nota la posizione esatta in cui aprirà la prima caffetteria.

Riflesso pavloviano: appena ho letto “Starbucks arriva in Italia” ho subito pensato a Milano.

Da Ora è ufficiale: Starbucks arriva in Italia – Il Post

De rerum natura iuxta propria padania

Intervistato ieri in merito alla decisione della Consulta (ah, la Consulta sarebbe la Corte Costituzionale, il nome deriva dal palazzo in Piazza del Quirinale, in cui ha sede, così, giusto per) di bocciare la legge regionale con la quale si complicavano le norme regionali per la definizione degli spazi da dedicare a luoghi di culto, il governatore della Lombardia Roberto Maroni, ha detto che in realtà la leggina (ha detto leggina, è un tipo così) non era altro che la modificazione di una legge regionale esistente, che richiedeva che i comuni prima potessero e poi dovessero dotarsi di un piano per la concessione delle aree da adibire a luoghi di culto.
E fino qui, effettivamente, non pare che ci sia nulla di strano.

Se non fosse che il governatore, sapendo bene in quali condizioni versino le amministrazioni locali in termini di risorse e di organico, sopratutto in relazione all’edilizia ed al territorio, omette il fatto che questo approccio serve in effetti a bloccare tutto.
Però, fino qui, effettivamente, non c’è nulla di notevolissimo e gioca sui cavilli.

Poi Maroni fa un esempio.
‘Spetta, ricordiamo chi è Maroni: è un dirigente della Lega Nord (quella con la stagionalità dei furti come gli infestanti in agricoltura; ogni stagione politica nella Lega ha visto la fine di una classe dirigente per colpa di qualche astigmatico che leggeva male la P di “padroni a casa nostra”), che ha vomitato tutto il vomitabile su Roma, e sulla politica romana, il cui collega di partito Calderoli era stato eletto Ministro alla semplificazione, e fra qualche riga vedrete perché è rilevante. Insomma Maroni, quel lì.

Ecco, poi Maroni fa un esempio.
L’esempio, fatto da uno che adesso governa una regione e odia la politica di palazzo, è questo (rivolto all’intervistatore): le pare giusto che un piccolo commerciante o un piccolo centro commerciale, per aprire e condurre un’attività siano letteralmente schiacciati da un’infinità di leggi e leggine, e uno che vuole costruire una moschea – che si presta a diventare un centro per il terrorismo – non debba avere bisogna di nessuna speciale autorizzazione? La nostra proposta (leggina) mira solo a ristabilire una parità tra il piccolo negozio ed il piccolo centro commerciale e il resto.

Ora, a parte che non so cosa sia un piccolo centro commerciale, ma me lo immagino pieno di esseri minuti e negozi piccoli il tutto edificato in marzapane, però vorrei far notare la prospettiva dalla quale vengono fatte le leggine in Lombardia, quelli di Expo: non fare le leggi regionali per semplificare la vita ai piccoli negozi o i piccoli centri commerciali della Mattel™, no: portare le altre attività allo stesso livello di adempimenti.

Non semplificare la vita ai cittadini della regione, ma elevarne a standard le vessazioni burocratiche, definite asfissianti, per rompere il cazzo ai negher.
E facendo pure lavorare a vuoto la Corte Costituzionale; la stessa che aveva bocciato la legge Calderoli, quello che aveva il software speciale per scrivere emendamenti a cazzo e far perdere tempo al Parlamento, se parla di froci.

Se non sei né negro e né frocio, non sei nemmeno degno di attenzione; anzi sì, definisci uno standard vessatorio per gli altri e che, evidentemente, è nella natura delle cose e come tale è male andarci contro.

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Yahoo is a guide focused on informing, connecting, and entertaining our users. By creating highly personalized experiences for our users, we keep people connected to what matters most to them, across devices and around the world. In turn, we create value for advertisers by connecting them with the audiences that build their businesses. Yahoo is headquartered in Sunnyvale, California, and has offices located throughout the Americas, Asia Pacific (APAC) and the Europe, Middle East and Africa (EMEA) regions. For more information, visit the pressroom (pressroom.yahoo.net) or the Company’s blog (yahoo.tumblr.com).

Questa qui sopra è la tagline dei comunicati stampa di Yahoo!, la frase che le aziende aggiungono in calce ai comunicati per ribadire la propria identità.

Solo che un’azienda che deve ricordarlo ogni volta che annuncia qualcosa è già un’azienda che ha dei problemi; ma questa volta, la tagline è in calce ad un comunicato stampa in cui l’azienda dice che è in crisi e non sa come uscirne (vedi in fondo).

Due considerazioni a margine:

  1. Ho letto due anni fa un articolo che diceva che Yahoo! non aveva nessuna strategia, e campava alla giornata facendo solo avanzare mezze calzette e scappare quelli capaci, strapagando posizioni inutili per incarichi incomprensibili. Due anni fa.
  2. Secondo, la critica feroce che seguì quell’articolo, si concentrò solo sul fatto che per la prima volta a capo di un’azienda di questo tipo ci fosse una femmina. Si disse che ci fosse stato un maschio quelle critiche non sarebbero mai state mosse.

Da Yahoo – Yahoo Board of Directors Forms Independent Committee to Explore Strategic Alternatives

Adesso ditemi che pure l’EFF non ha capito

EFF to Support Apple in Encryption Battle
We learned on Tuesday evening that a U.S. federal magistrate judge ordered Apple to backdoor an iPhone that was used by one of the perpetrators of the San Bernardino shootings in December. Apple is fighting the order which would compromise the security of all its users around the world.

We are supporting Apple here because the government is doing more than simply asking for Apple’s assistance. For the first time, the government is requesting Apple write brand new code that eliminates key features of iPhone security—security features that protect us all. Essentially, the government is asking Apple to create a master key so that it can open a single phone. And once that master key is created, we’re certain that our government will ask for it again and again, for other phones, and turn this power against any software or device that has the audacity to offer strong security.

The U.S. government wants us to trust that it won’t misuse this power. But we can all imagine the myriad ways this new authority could be abused. Even if you trust the U.S. government, once this master key is created, governments around the world will surely demand that Apple undermine the security of their citizens as well.

EFF applauds Apple for standing up for real security and the rights of its customers. We have been fighting to protect encryption, and stop backdoors, for over 20 years. That’s why EFF plans to file an amicus brief in support of Apple’s position.

Da EFF to Support Apple in Encryption Battle | Electronic Frontier Foundation

Siamo governati da uno schizofrenico

Intervento di Umberto Eco alla manifestazione “Dimettiti” organizzata da Libertà&Giustizia il 5 Febbraio 2011 al Palasharp di Milano.

Poi.

Però tutti coloro che mi hanno interrogato su quella frase non mi hanno mai domandato perché avessi pronunciato una bestialità. Al contrario, si congratulavano o mi chiedevano quale fosse il senso profondo della mia affermazione. Se la frase appariva in televisione, andava presa sul serio. […] Tutto questo mi fa venire in mente una storia che mi raccontava il compianto Bonvi, quello delle Sturmtruppen, il quale, per arrotondare i guadagni che gli derivavano dal fumetto, lavorava anche nella pubblicità. Un giorno, dovendo trovare un bello slogan per un insetticida, ha scoperto che uno dei suoi ingredienti era il piretro (che, per chiarire le idee agli indotti, è semplicemente il Chrysantemum Cinerariifolium). Così gli era venuta l’idea di mettere su inserti pubblicitari e spot televisivi, in bella vista, ‘al fiore di piretro’. Non mentiva, ma è chiaro che l’evocazione di un fiore quasi esotico contribuiva a rendere l’insetticida fresco, olezzante e desiderabile. Un giorno va a casa di sua mamma, sente un odore eccessivo d’insetticida, si lamenta, e la mamma gli risponde che ne spande in abbondanza perché è una miscela deliziosa al fiore di piretro. Bonvi allora si arrabbia e dice: “Ma mamma, quella è una cazzata che mi sono inventato io!”. La mamma risponde: “Eh no, figlio mio. L’ha detto la televisione!”»

Da Umberto Eco su Dylan Dog, le veline e James Bond – Il Post